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Un inedito di Sergio Zuanetti

Nel campo è un breve racconto in versi, con una linea narrativa chiara, che dimostra una propensione, se non un’abitudine, alla poesia. Non si riscontra nessun particolare effetto della lingua che l’autore ricerca per ottenere un certo tipo di risultato stilistico-espressivo; c’è invece una bravura semplice nel racconto, sincera. Sergio Zuanetti conferma in questo modo la presentazione che fa di sé: quella di un narratore che ha sempre scritto e mai pubblicato poesie. La scena iniziale è quella di una madre che si sente ogni tanto cantare «canzoni di prima». Il tempo è sospeso, i temi di quelle canzoni, che « parlano a volte di alberi / ma io non so cosa sono» o di «fiumi […] / fatti di acqua / di quella che potresti anche bere», aprono a una dimensione mitica entro la quale il presente acquisisce il suo vero significato: quella di un tempo in cui non siamo più sicuri (la «guerra» è il nemico da cui fuggire), nel quale il perimetro del campo ridefinisce l’identità di gruppo e fornisce l’unica protezione possibile («dice che non c’è nessun posto / dove potremo rifarci una casa»). Si tratta di un campo particolare, un luogo d’accoglienza obbligato. L’elemento naturalistico iniziale sembra allora trarre in inganno, perché «campo» non equivale a lembo di terra coltivabile, ma ad accampamento. Ma a sorprendere ancora è il punto di vista finale di chi ascolta e vede, di chi narra e si sente al sicuro, non tanto per il luogo ma perché non è solo.

Nel campo

Sta sempre da sola mia madre,

ogni tanto la sento cantare,

dice che sono canzoni di prima.

Parlano a volte di alberi,

ma io non so cosa sono.

Parlano anche di fiumi, diversi

dal rigagnolo nero qui fuori,

dice che sono fatti di acqua,

di quella che potresti anche bere.

Poi dice che là la sua gente

abitava dentro case di terra

che quando era inverno

si stava più caldi e d’estate

il sole faceva meno paura.

Io sono nata dentro una tenda,

non so com’è fatta una casa.

Dice poi che mio padre è partito,

per fare la guerra per dio.

Non sa se poi dio se l’è preso.

Dice che è stata una guerra

a farla scappare da casa

assieme a tutta la gente

che adesso sta qui nelle tende.

Dice che non c’è nessun posto

dove potremo rifarci una casa,

per noi ci sarà solo il campo.

Ci sono tanti altri bambini

che giocano in mezzo alle tende.

I maschi fanno sempre la guerra,

noi bambine li stiamo a guardare.

A volte la bocca mi prende

una forma un po’ stramba;

mia madre la chiama sorriso.



Nasce sessantanni fa in un paese di provincia tra Verona e Mantova, dove tutt'ora vive.

Ha scritto i racconti “Amori sfigati” e il romanzo “Un cuore di nebbia” per Demetra Editore e “Imbecilli in scala uno a uno”, racconti pubblicati per Le Edizioni del Baldo.

Si occupa anche di fotografia.


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