«Tu che accadi tra le cinque e le sei»: recensione a "Archivio del bianco" di Stefania Onidi
La prima volta che ho visto Stefania Onìdi, in una fotografia sul web, col basco alla francese, la magliettina a righe, i lunghi capelli sciolti, intenta a dipingere, ho subito ammirato la sua sensualità lampante, clamorosa, il suo essere donna e insieme femmina, questa vibrante aurea che l'avvolge tutta e che è un magnete potente, che in poche possiedono.
Nei suoi dipinti prevalentemente corpi nudi di una freschezza disarmante, esposti in tutta la loro bellezza e fragilità.
Ecco, la stessa sensualità, la medesima fragile dolcezza femminile sono ben visibili nel corpo della sua poesia, e seducono il lettore introducendolo in un universo sirena il cui canto attrae senza far male perché ha natura gentile, pur se spinge in profondità.
Archivio del bianco (Terra d'Ulivi 2020), quarta pubblicazione di Onidi, sebbene costituita da liriche che contengono comparse, attimi di vita, frammenti di storie, è un'opera compiuta, organica, pervasa da un pensiero che stagliuzza in pezzi di mosaico sensazioni e momenti, ma sa esattamente qual é l'immagine totale, sa chiudere il cerchio.
Il tocco poetico di Stefania Onidi ha capacità di coinvolgere, di empatizzare col lettore il quale non può non riconoscersi in certe scene esistenziali, rivivere istanti d'amore trascorso, situazioni di gioia e di sconcerto: «è andato via / si dice di uno quando è morto / è andato via senza pensare ai vestiti / non ha chiuso valigie / non ha scelto mezzi / nemmeno i suoi piedi.». Quante volte durante un lutto abbiamo provato questo senso di turbamento e quanto bene è espresso dalle parole di Onidi il repentino scatto della morte, che ci rapisce nudi, impreparati; io credo che la poesia, quando ha voce autentica non si riveste di estetismi, non si attarda a giocare con effetti barocchi puramente letterari ma affonda nella vita, la mette a fuoco, ci consente di conoscerla e di conoscerci; di ri- conoscerci.
Qui è il prodigio dell'uomo che comprende sé stesso, che impara a non temere il nero fumo del caos e, colto dal senso del vero, può permettersi, come ci dice l’autrice, di ascoltare il silenzio, che al pari della neve è bianco e parla chiaramente: «Silenzio / immobile / accolgo l'attraverso / La parola cesoia / mi sento baciare / Percuote il mio rosso / un vicinissimo cielo.»
Onidi, da brava e appassionata pittrice, superando l'affezione per il potere del bianco che le consente di affacciarsi sul niente e sulla pienezza, affresca le sue poesie con molti colori, spesso sgargianti come quelli della Sardegna, sua terra natale, e di cui conserva la forza terrigna e appunto la manifesta sensualità: «Sono giorni di ginestre aperte / api e febbre / finestre al sole / fiducia (silente) / piedi nudi e gatti che fanno l'amore / Tutto procede con gioia ferma / Mi allineo al passo vulnerabile del giallo.»
La sua è una poesia che si fa annusare, che è facile toccare ma che ha soprattutto accento visivo, caratteristica propria dell'arte figurativa: «Da piccoli quando si ama la neve non si pensa al freddo / si educa questo sguardo puro/sul niente.»
La postura poetica di Onidi è costantemente tesa all'eleganza, si muove con grazia eterea, si apparta in una delicata solitudine; la sosta sull'io interno è comunque breve e ha la sola utilità di ricondurla fuori con ali più grandi e che sappiano sorreggerla, finalmente Nike vittoriosa.
Questa finestra è un silenzio
in cornice. Vi precipito
con l'ala superstite di Nike.
Mi spezzo.
*
Ho sognato di raggiungere la Polinesia in treno.
L'oceano schiumava un verde metallo.
Le spiagge erano immense distese di neve
il freddo sopportabile.
Non avevo valigie
solo un fiore di magnolia dietro l'orecchio destro,
quello con le ciliegie.
Modulavo un canto senza parole.
Eri già in me.
Soffocavo in pace.
Non morivamo mai.
*
Emily
Un distacco lento
stringe forte le gambe fino a disfarsi.
Il seno in controluce si solleva e si abbassa
dalla finestra entrano api e trifogli
un trionfo del mondo nella stanza altissima
l'esterno nell'interno
qualcosa che ingravida.
Produce.
Si è vestita di bianco, ha sorriso.
Stefania Onidi è nata in Sardegna. Laureata in lingue e letterature straniere all’università di Cagliari con una tesi sulla poesia spagnola contemporanea, vive a Perugia, dove insegna. Nel 2011 è apparsa la sua prima silloge, intitolata Con un filo di voce, seguita da Qui Altrove e Oltre (2015), Quadro Imperfetto (Bertoni, 2017) e Archivio del bianco (Terra d’ulivi, 2020). Altre poesie sono state pubblicate in blog, quotidiani, riviste letterarie e raccolte antologiche, fra cui: Un’oscura capacità di volo- poete e poetiche nell’Umbria d’oggi (a cura di N. Nuzzo, S. Sonno, F. Ziarelli con postfazione di Cetta Petrollo Pagliarani- EraNuova 2019); iPoet 2018– Lunario in versi 11 poeti italiani (Lietocolle, 2019); Il segreto delle fragole 2019 (Lietocolle, 2018); Il segreto delle fragole 2018 (Lietocolle, 2017); Doce poetas italianas para el siglo XXI (a cura di Carlos Vitale, La Náusea 2016). È stata tradotta in spagnolo, armeno e rumeno. Collabora a Menabò, quadrimestrale internazionale di cultura poetica e letteraria (Terra d’ulivi). Ha tradotto una selezione di poesie di Gloria Fuertes per la rivista spagnola on-line «La Náusea». È anche pittrice. Ha esposto in collettive d’arte contemporanea nazionali e internazionali.
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