Nota di lettura "Il tempo perso in aeroporto" di Lorenzo Foltran
Tra le definizioni antropologiche più conosciute, c’è senz’altro quella dei nonluoghi di Marc Augé, il quale ci ricorda che esistono degli spazi, in contrapposizione ai luoghi antropologici, che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici, come ad esempio gli autogrill, le stazioni oppure gli aeroporti. Proprio da qui, da dove si prende il volo, Lorenzo Foltran inscrive i versi della sua opera Il tempo perso in aeroporto (Graphe.it, 2021), il cui titolo lascia già intuire la volontà dell’autore di occuparsi di una peculiare dimensione spaziale in relazione a ciò che contribuisce a connotarla come tale, e dunque una specifica valutazione del tempo, in questo caso quello che sembra sprecato, andato perduto. Perché in effetti, nei nonluoghi, anche la percezione del passaggio dei minuti e delle ore pare sottrarsi all’andamento perseguito fuori da lì, attanagliati come si rimane tra i timetable, i frequenti ritardi, e la gamma di possibili cose da fare in attesa di.
Jean Portante, nella prefazione alla raccolta, insiste poi sul legame tra sogno e realtà, parlando opportunamente di rêverie, poiché se c’è un’altra caratteristica che questi cronotopi possiedono è proprio quella di dilatare il pertugio tra ciò che realmente accade e quello che potenzialmente potrebbe succedere, aumentando, anche solo nel gioco del pensiero, l’avvenibile. Ma Foltran, attraverso questa circostante zona spazio-temporale, porta avanti un’efferata critica contro la società capitalista occidentale contemporanea, che del nostro tempo si impossessa, trasformandolo nella principale benzina di un consumo per lo più futile, generato dal sistema stesso e non da reali esigenze dell’individuo; scrive, a proposito, Claudio Cugliandro nella postfazione: «La società contemporanea pretende da ciascuno di noi un regime di produttività sfrenato, in funzione di un consumo sempre crescente. Nel tentativo di sottomettere a questi dettami il tempo libero, sua principale nemesi, essa ha cercato di trasformarlo in un nuovo luogo di accumulo: consumiamo più intrattenimento perché così accresciamo il nostro capitale culturale, e in tal modo anche il nostro tempo libero deve essere gestito facendo economia, investendo su questo o quel prodotto. Eppure, questo sistema di regime ha commesso un errore: ha cercato di sopprimere l’elemento umano dalla cultura e dalla creatività, finendo per dare loro alcune delle piattaforme più vaste e potenti mai esistite. Dalla necessità di spingere al consumo di cultura, il sistema si è dunque trovato spesso a fare l’opposto: allontanare dalle pericolose realtà parallele coloro che ne rimangono catturati, poiché la loro improduttività è un rischio per la struttura stessa di questo atroce ma efficace meccanismo.».
Lorenzo Foltran, allora, con Il tempo perso in aeroporto, ci costringe a osservare con maggiore attenzione quello che ci succede proprio mentre siamo impegnati a vivere, nell’idea, corale e inclusiva, che nessun perda tempo a fare quello che qualcun altro ha deciso per noi.
Ma perché l’orologio si è fermato
in quel momento, in quel secondo?
Cos’è successo al tempo, sta finendo?
Qualche istante, tre meno un quarto,
numeri, simboli, date s’affollano
per cercare il senso del fatto.
Un anno fa a quell’ora, quella volta
e il giorno mi sembra lo stesso.
Certo, mi sembra un segno del destino
affinché ne scriva al più presto.
Ma poi con l’occhio ancora sul quadrante:
è solo la pila, è finita.
Super Mario Bros.
Start, pulsanti, mattoni, una domanda,
un fungo che avanza tra verdi tubi.
Cresco, salto, lo schiaccio: punti e tempo.
Sullo sfondo colline e un cielo blu.
Mi abbasso verso un mondo sotterraneo
dove monete in equilibrio luccicano.
Risalito, testuggini mi braccano
e mi salva dai loro carapaci,
sale e scende, una stella intermittente.
Intravedo il profilo del castello,
dal suo vessillo mi divide un palo.
Mi arrampico e raggiungo la bandiera:
primo livello, fuochi d’artificio.
Ricordo primo vero videogioco.
Otto minuti
Misuro il tempo che resta negli otto,
necessari minuti alla cottura
per cucinare al dente gli spaghetti
come demiurgo della pastasciutta.
Il conto alla rovescia, l’acqua bolle
mentre sale la nebbia del vapore,
amidato profumo cereale.
Sento il sapore di una vita in bianco.
Dopo aver conseguito la laurea magistrale in Italianistica all’Università Roma Tre, Lorenzo Foltran si è diplomato in management dei beni e delle attività culturali con un master di secondo livello tra l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’École Supérieure de Commerce de Paris. Ha lavorato per importanti istituzioni culturali come la Casa delle Letterature (Festival delle Letterature) e l’Institut français (Festival della narrativa francese) a Roma, e la Fête de la Gastronomie e il Pavillon de l’Eau a Parigi, dove attualmente risiede. Ha pubblicato due raccolte poetiche, entrambe con editori non a pagamento: In tasca la paura di volare (Oèdipus Edizioni, 2018) e Il tempo perso in aeroporto (Graphe Edizioni, 2021). Sue poesie sono comparse su varie riviste letterarie (in Italia e in Francia, autotradotte) come anche sul quotidiano "La Repubblica".
Comentarii