Nota di lettura di "Vado a memoria" di Laura Maria Gabrielleschi
Per quanto il nostro sforzo mnemonico cerchi di tenere vivido il ricordo di tutto ciò che abbiamo vissuto, sappiamo bene che solo una minima parte di esso riesce ad attraversare i tempi e a rimanere, in qualche modo, vivida, senza combaciare necessariamente proprio con quella che avremmo voluto salvare dall'erosione della dimenticanza o che associamo a momenti di felicità.
Sul processo di rimembranza, insomma, abbiamo una parziale volontà di azione che si tramuta, tra l'altro, più nel racconto a cui diamo vita con gli elementi rimasti che nella visione di un film che scorre davanti ai nostri occhi; così, se vogliamo ricostruire ciò che è stato, a partire dalle persone e dagli eventi più significativi della nostra vita, non ci resta, esattamente come fa Laura Maria Gabrielleschi in questa sua ultima raccolta poetica edita per Industria & Letteratura (2024), che andare a memoria.
La scelta, per il titolo, della prima persona singolare, Vado a memoria, indica inoltre la volontà da parte dell'autrice di attivare da sola questo processo, contando solo sulle proprie forze ed evitando anche qualsiasi tipo di condizionamento, perché tornare indietro per dare un senso più significativo al presente è qualcosa che non ammette intermediari. Scorrono volti familiari nei versi di Gabrielleschi, episodi di bene, scene di una perduta quotidianità ma, come scrive Roberto Pazzi nella prefazione «I suoi zii, suo padre, il fratello, la madre, i nonni, i suoi figli, sono anche nostri compagni di viaggio. Possiamo specchiarci anche noi in questi specchi del suo amore e del suo dolore, seguendo la rima più antica del mondo, così cara a Saba.».
L'autrice riesce, con un lessico piano e scarno, a inserirci dentro la sua transizione temporale, trasponendo su di noi lettori quella sensazione di pungente nostalgia che solo l'irrimediabile non-ritorno delle cose più care sa dare; così, quando progressivamente ci si allontana dalla Casa-infanzia, dicitura che Gabrielleschi sceglie per chiamare la prima sezione, arriva il momento degli Addii, titolo della seconda, la riflessione sulla generazione a seguire (Ai miei figli) e, alla fine, si spalanca l'ultima stagione, fatta da soli Inverni; perché, quello che si è compiuto, è un vero e proprio Passaggio di memoria, non a caso iniziale titolo dell'opera, dove a fluire è la propria esistenza, nella sua parzialissima afferabilità.
Gabrielleschi ci dona un'opera struggente e consapevole, entrambi aggettivi che hanno a che fare con la migliore poesia.
Ho visto molte città
case, corridoi
e cortili.
Mi chiedi se la casa
ha ancora tre scalini.
È tanto tempo che manco tutto
potrebbe essere cambiato
anche il numero sulla porta
*
Per A.
E mentre ti guardo
la sera scivola
con la sua luna
il gufo che tace
la stufa brucia la legna
e potrei scoprire
di aver messo radici
in questa casa vecchia
ora che sulle pareti
ho scritto i nostri nomi
*
Vorrei liberare la mente
da ogni residuo di
dubbio, limitare la croce
per incontrarci
ancora, sedere al
tavolo
e raccontare i segreti,
rompere le catene
cancellare tutti i peccati.
*
Questo giorno porta con sé
l’acqua benedetta
che scioglie i dolori
il canto che sale dalla terra.
E mi sento sommersa
tra queste pietre
e bevo allo stesso bicchiere di mia madre
tenuto per anni chiuso nella credenza
non posso piangere per sempre.
Laura Maria Gabrielleschi è nata a Lucca ma da anni vive a Grosseto dove svolge attività di promozione culturale. Ha pubblicato alcuni libri di poesia prefati da Dario Bellezza e Franco Loi. Tra le sue pubblicazioni: La casa degli anni (Roma, 1994); Amore allo specchio (Como, 1995); Dialogo con la madre (Foggia, 1998); Inizio senza nome (Rovereto, 2003). Ha curato l’antologia Il vento, Le colline… 12 poeti contemporanei della Maremma toscana (Grosseto, 1998). Ha vinto importanti premi di poesia, fra cui il Montale 1997. Di lei si sono interessati alcuni fra i maggiori poeti e critici del secondo Novececento.
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