Nota di lettura a "Vita[amor]te – poesie per Arcani maggiori" di Valeria Bianchi Mian
Per il nuovo appuntamento della rubrica "Le Contaminazioni di Alma" parliamo questa volta di una silloge che ci porta a esplorare un legame che nel corso del tempo ha stuzzicato la fantasia dei più grandi tra narratori e poeti, tra cui Calvino, Butler Yeats e Artaud: i tarocchi e la creazione artistica.
Valeria Bianchi Mian, psicoterapeuta di scuola junghiana, si aggiunge alla lista con Vit[amor]te – poesie per Arcani maggiori (Miraggi edizioni, 2019), un curioso esperimento poetico che associa versi e illustrazioni ispirate alle carte degli Arcani maggiori, disposti e amalgamati dall’autrice stessa in un incastro, sicuramente non casuale, di precise corrispondenze geometriche (44 poesie per 22 illustrazioni).
Quello che colpisce della raccolta è la ricerca di un dialogo costante tra il quotidiano, l’esperienza aneddotica che lo riempie e una profonda alterità fatta di rimandi mitologici e psicanalitici. In questa mescolanza, si vede l’idea forte dell’autrice che lega parole e illustrazioni, esperienza e sua interpretazione. Proprio come la pratica dei tarocchi, la poesia di Bianchi Mian costruisce, infatti, riflessioni che si leggono sempre come tramite un velo, che non approdano a una illuminazione piena del significato, ma permangono vive nel circuito che si innesta tra illustrazione/verso, autore/lettore.
Come giustamente sottolinea Giordano Berti nella prefazione, però, un appiglio ci viene già dal titolo in maniera chiara: Vit[amor]te – poesie per Arcani maggiori, dove «tra i poli opposti che segnano l’eterno ritorno spicca l’amore come elemento unificante». Tra i temi toccati dalla raccolta c’è infatti il rapporto con gli altri e cammina di pari passo a quello della formazione, le varie tappe che costituiscono il percorso di un’esistenza: dalla scoperta che «son la bocca che fu / di mia nonna / e la forma del volto», agli scontri generazionali, passando per momenti decisivi come la maternità, trattati oscillando tra toni ora grotteschi (L’amica che ti ha detto /«Vedrai è come evacuare un melone da davanti»), ora più lirici, fino alla consapevolezza che «la maturità non è un esame. / È senso della terra».
Testi carichi quindi di strali e epifanie, dove l’Io pretende sempre la propria centralità e dove i rimandi continui al mondo della psicologia junghiana quando non al mondo del mito, bucano l’autoreferenzialità dei testi collegandosi a discorsi più ampi e fecondi. Il rimando alla mitologia costituisce una costante, uno specchio che diventa il fondale nel quale immergersi per una comprensione della raccolta stessa. Da Afrodite a Persefone, fino a divinità più ctonie e meno conosciute come Baubo, dea greca dell’oscenità.
Lontani da qualsiasi carica divinatoria, i versi brevi e nervosi, così pieni di assonanze e racchiusi in una forma libera ma sintatticamente contratta, oscillano tra l’andamento di una filastrocca e quello di una danza, suggerendo un’idea di poesia come gioco, metodo di rielaborazione dell’esperienza e creazione irrazionale di contenuto.
I. A muso duro
I decenni allineati in Polaroid
accanto ai morti alle feste sbiadite
generazioni di colletti a punta.
Nei pantaloni a zampa tu sei bella
sul dorso del somaro al Partenone.
Mi stringi forte
sulla neve
fresca
che lui, più tardi, ci farà cadere
e tu sprofonderai in sciatterie
dallo sky-line
dei tuoi giorni
più neri.
Non sei mai stata una mamma da pappa
pronta a far fronte alle mie ribellioni.
Volevo volare
dalla finestra
per schiaffeggiarti questa differenza
e tu
a muso duro
per tre giorni
muta allo specchio
mi tenevi testa.
Via dal viso, i capelli
la molletta
arma letale versus sensualità
poi le modelle io me le sognavo
appese alla parete
e i Duran Duran.
Che è inversamente proporzionale
il tuo comprendermi
alla mia distanza
e che ho dovuto girare il millennio
controluce
(l’oggetto in trasparenza)
ricostruire il mio nome daccapo
chiamarmi “amore”
per volerti bene.
II. Agave
Ero convinta di somigliare
alla cruda agave.
Nuda, dura e appuntita.
Credevo nelle mie necessità:
poca acqua
solitudine
la vista del mare.
Sapevo di andare a morire
dopo il primo fiore.
Un figlio, e via.
Scopro con particolare orrore
e assurdo piacere
che al sale
i accompagna l’acqua
che la maturità
non è un esame.
È senso della terra.
Peccato le rughe
ma, se le radici sono tante
io sono l’agave
non monocarpica
I. I vecchi e il bambino
Quando muoiono i vecchi
e i bambini domandano
che cosa sia il morire.
In marcia con i bastoni
al confine del bosco
io gli parlo di marcescenza.
Elegy written in a country churchyard [*]
raccogliendo primule
per l’insalata – dal muro
cola la colla delle partecipazioni
fresche come le uova dello zio.
Eccolo, il fratello della nonna
e gli auguri dei nipoti
«Saresti tu» – dico a mio figlio.
«Lo posso vedere il cadavere?»
Curiosità infantile chiama
odorama d’ignoto, sguardo
tridimensionale sulla vita.
Perché no? – e annusiamo la terra
buttandoci a pesce giù nel prato.
Strisciamo come vermi
parlando della talpa
con il buco in pancia
povera cieca stecchita al sole d’agosto.
Te la ricordi? Puzzava la nera
creatura piccolina nella sera.
Corriamo, cinque anni e quaranta
sette vite hanno i gatti, lo sai?
Ma noi, prima della morte
possiamo leggere tutte le storie
per scrivere la sorte a colori.
Corriamo, il vento è buono
per l’aquilone, e primavera pulsa.
(* in memoria di Thomas Gray, 1750)
Valeria Bianchi Mian è psicoterapeuta, psicodrammatista e tarotdrammatista (www.tarotdramma.com). Redattrice per Psiconline.it e Oubliette Magazine. Organizza la Rassegna Nazionale di Psicodramma e Sociodramma “L’Io e l’Altro”. Ha scritto: Favolesvelte (Golem Ed.), Utero in anima (Lithos Ed.), Non è colpa mia (Golem Ed.). Ha curato: Poesie Aeree (Matisklo Ed.) e Una casa tutta per lei (Golem Ed.). Suoi articoli, poesie e racconti compaiono in diverse antologie cartacee e online. Ha curato e illustrato Maternità marina (Terra d’ulivi Edzioni). Ha partecipato a saggi corali di psicologia e filosofia (Alpes Italia, Underground? Edizioni, et al.) Con Miraggi Edizioni ha pubblicato Vit(amor)te. Poesie per arcani maggiori (22 carte e 44 poesie).
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