Nota di lettura a "Ogni volta il bene è nuovo" di Luca Lanfredi
Nella silloge Ogni volta il bene è nuovo (Lamantica Edizioni, 2022) di Luca Lanfredi si assiste al continuo bisogno di interrogare tutte le condizioni naturali, psicologiche e sociali che concorrono a influire sulla vita di qualsiasi individuo. Così, non a caso, varie composizioni che conformano la raccolta prendono corpo a partire dalla forte opposizione al tema dell’abbastanza, dell’agire soltanto in base al sufficiente compimento di una qualsivoglia azione.
Proprio per questo motivo, appare proficuo far notare come l’io poetico di Lanfredi non risulti essere mai estraniato dall’ambiente in cui opera. Eppure, agire affinché si giunga a una visiona compiuta, significa avere dinanzi a sé quella notte, quel grado di incertezza che presuppone la forza dell’attraversamento. Così si può comprendere l’articolato percorso che contraddistingue Ogni volta il bene è nuovo, già sotteso proprio nel verso posto in apertura alla prima sezione, intitolata La piazza aperta: «Apro la piazza, è notte».
Alimentare il sentimento della ricerca, soprattutto in questa condizione di profonda indeterminatezza, vuol dire agire affinché si possano estirpare, o quantomeno scolorire, tutti quei pregiudizi che frenano la vera conoscenza. In altri termini, per dirla con l’autore, equivale ad ascoltare «la cadenza / del battere ostinato della storia». Da qui si può comprendere un altro verso emblematico, «chiudere gli occhiali», che rimanda a quel senso di indefinitezza e di mistero che ricopre in modo inevitabile la fenomenicità, nella quale, kantianamente, l’oggetto esperibile costituisce l’unità di misura di una realtà che non coincide con quanto pensato al di fuori da ogni intuizione empirica. Così, proprio in chiave pratica, questo agire segna una volontà libera che l’autore riporta affidandosi al linguaggio poetico, mezzo privilegiato, atto, per quanto affermato finora, a registrare le partenze, gli incroci, i distacchi in cui vivificano le numerose scelte di volta in volta compiute.
Di più: per Lanfredi non si tratta affatto di riportare in modo diaristico gli scorci più importanti del vissuto. Definire nel migliore dei modi Il luogo dell’incontro, così come recita un titolo di una poesia contenuta nella silloge, significa offrire i mezzi attraverso i quali, «con la forza ostinata del pensiero», si possa riuscire a «ridere dell’ultimo inciampo / nella corsa». Attraverso il riso, che sottende il gioco e, ancor di più, un grado eudemonico dell’esistenza, si coglie quell’incessante tratto di novità che contiene il bene. Quest’ultimo, con Platone, può essere intenso come radice, principio di perfezione, la cui luce finisce per illuminare inevitabilmente ogni singolo scorcio della realtà.
Per concretizzare gli aspetti passati in rassegna finora occorre mettere in risalto un altro tassello indispensabile della raccolta che emerge in particolare nelle ultime composizioni in cui Lanfredi si sofferma non a caso proprio sul tratteggiare in modo ben delineato quell’«arte del sorriso». Infatti, è in quel contesto che viene chiarito come ogni nuovo sguardo più compiuto sull’esistenza può essere realizzato soltanto tramite l’osservazione costante della realtà «con occhi / di bambino». Da qui, La buona fame, approdo della raccolta, nome dell’ultima sezione del testo, corrisponde alla capacità di sorprendersi in modo continuo del divenire in cui si è immersi.
Di questo andare degli occhi nelle gole
Di questo andare degli occhi nelle gole,
come un raggio di sole che dimezza.
Abbiamo letto, visto, sfiorato con le dita
le pareti.
Di tutti i peccati, l’uno o l’altro: rimuovere
i pensieri oppure restare intrappolati
dentro i giorni.
La disciplina interna Decidere il percorso per la notte, chiudere gli occhiali. Proseguire. Indossare la realtà del vuoto, l’attimo scucitosi dal vetro. Eppure avevi detto così: la sedia nel giardino, le mani nella terra; avevi detto così:
Ogni volta il bene è nuovo.
Dopo l’arresto
Possedere una città è farne parte come lo sguardo con occhi di bambino. Tacere è come l’arte del sorriso. Ti sono debitore di un inizio o della promessa dischiusa di un ricordo. E vorrei poterti dire: chi non scrive è un poeta.
Luca Lanfredi è nato nel 1964 e vive e lavora a Brescia. Ha pubblicato le raccolte Il coraggio necessario (Lamantica Edizioni, Brescia 2019) con prefazione di Mauro Germani e Il tempo che si forma (L'Arcolaio, Forlì 2015; secondo classificato al Premio Internazionale di letteratura Città di Como; finalista al Premio "Solstizio" per opera prima, Fondi) con prefazione di Giacomo Cerrai. Una breve silloge, A mezza luce, è apparsa in formato e-book nel maggio 2009 per Clepsydra Edizioni. Suoi testi sono ospitati sul sito del poeta Nanni Cagnone e apparsi su blog quali: «Poesia» di Luigia Sorrentino; «Imperfetta Ellisse» di Giacomo Cerrai; «margo» di Mauro Germani e «Carteggi letterari».
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