Nota di lettura a "Incidenti di percorso" di Enea Roversi
Aggiornamento: 26 nov 2022
«Ho avuto un incidente di percorso»: lo diciamo spesso guardando a quello che la vita ci riserba, lo diciamo piano mentre siamo intenti a rimettere insieme i pezzi, a significarli, lo diciamo ancora quando abbiamo bisogno di inscenare una scusa, di fornirci un movente, lo diciamo presumendo di sapere il percorso dal quale abbiamo deragliato, il percorso attraverso il quale passavamo prima che accadesse qualcosa, una cosa, quella cosa. Nella raccolta di Enea Roversi Incidenti di percorso, edita nel 2022 per Puntoacapo Editrice, c’è tutto questo e il contrario. Qual è l’incidente? Cos’è che sta accadendo? Quale frammento si sta trasformando in poesia? Per comprenderlo meglio mi sembra che possa dirsi utile tornare all’etimologia della parola «incidente»: dal latino incidentem, participio perfetto di incidere, composto a sua volta dalla particella in e da cidere per cadere, il cui significato dunque risulterebbe «accadere, sopravvenire». In ultima istanza la definizione da vocabolario è o potrebbe essere: «ciò che accade o avviene di passaggio, indirettamente mentre stiamo facendo altre cose o compiendo altre azioni». Nulla di negativo, nessuna accezione catastrofica nel primo e originale significato di questa parola «incidente». Solo qualcosa che accade, mentre siamo intenti a fare altro. Dunque versi “accaduti”, scritti, dettati dalla voce poetante: versi che avevano dignità di dirsi tali ma che non avevano prima potuto trovare uno spazio per compiersi, per raggiungere il lettore, e che ora invece iniziano a stare insieme, ad abitare le pagine l’uno a fianco all’altro. D’altronde a chiarircelo è lo stesso Roversi all’interno della Nota posta in esergo alla raccolta, dove afferma che questa silloge non ha da intendersi quale auto-antologia bensì come «il desiderio di dare visibilità a testi che erano rimasti esclusi, per vari motivi» dalle raccolte precedenti. Ci sono, dentro questo libro, quarant’anni di poesia, di visioni, di incidenti. I testi infatti che vengono messi insieme, disjecta membra di un unico corpo che a lungo ha tentato di ricomporsi, sono stati scritti tra il 1981 e il 2021. Un’operazione davvero interessante poiché da un lato permette a noi lettori di avvicinarci, seguire e ripercorrere le fasi salienti della ricerca poetica e della vis creativa di Roversi; dall’altro il libro fornisce altresì una sorta di compendio poetico sia delle principali tematiche affrontate dal poeta mediante la sua poesia nel corso del tempo, sia le modalità con le quali queste tematiche sono state affrontate diacronicamente, quali sperimentazioni e quali snodi cruciali. L'opera si offre dunque, come un momento cruciale di ricapitolazione in fieri sulla poesia di Roversi, una poesia che aiuta a sopportare meglio il mondo, una poesia sempre e da sempre in tensione tra storia personale e storia collettiva. Molto significativi risultano anche essere in questa ottica di “recupero” e riordino anche le titolature date alle 4 sezioni di cui il libro è composto: «Segni ritrovati»; «Prove di resistenza»; «Rumori di fondo» e «MMXX». Cos’è, allora, verrebbe da chiedersi arrivati in fondo alla lettura di questa silloge che tiene insieme i pezzi? Dov’è, se c’è, il filo rosso che sorregge l’impalcatura? Come convivono all’interno della medesima raccolta versi che non sono nati per stare assieme? Io credo che la risposta stia nello sguardo del poeta, nella sua voce unica e inconfondibile. Inconfondibile anche quando a emettere quel suono, a muovere la penna è una voce che ha percorso quarant’anni, che si è lasciata attraversare dalla vita. Se c’è, a mio avviso, un trait d’union è questo: la potenza, l’efficacia di una poesia che seppure cambiata nei modi e mutata nel proprio stile rimane autentica e vera nelle sue trasformazioni, pronta a trasformare “incidenti” in poetiche immagini e riflessioni. A reggere l’impalcatura è la voce di Roversi, che è la sua, unica, e di nessun altro.
Esperimento innaturale
La passeggiata notturna dei
gatti randagi finisce di solito
in un sordo bidone.
La sordità randagia di un
bidone a passeggio
finisce di solito
in un gatto notturno.
L’esperimento innaturale avvolto
nella presunzione finisce di solito
in un’occasione perduta.
(1981)
Preghiera del cittadino stanco
Liberaci dal male, o Signore.
Liberaci dalle flatulenze del potere
Dall’arroganza interministeriale
E da quella misera e quotidiana
Dagli amici corrotti e dai nemici nascosti
Dalla triviale opulenza
E dall’inaccettabile sofferenza
Dai parassiti di ogni specie
Dai padroni delle guerre
Dagli uomini stupidi e pericolosi
Liberaci dal falso progresso
Dalla logica del denaro
E dal denaro senza alcuna logica
Dalla ricchezza ostentata
E dalla povertà mal sopportata
Dai saltimbanchi del dolore
E dagli esteti della catastrofe
Liberaci dall’odio istituzionale
Dalla paura brandita come clava
E dalla cattiveria giustificata
Liberaci, o Signore, dall’apatia
Dalla follia dei potenti
E dalla nostra rassegnazione
Fa che ogni nostra azione
Conduca a ottenere il meglio
Partendo da cuore e ragione
Fa che i nostri cuori riprendano
A vibrare di rabbia e di passione
Aiutaci infine a ritrovare la bellezza
Delle nostre anime perse. Amen
(2011)
il peso delle parole
riappare (eccolo) il peso delle parole
ostinato e greve confuso con
la grammatura della carta
per astratte materie e indivisibili misure
verso distinte e confinanti unità
si riavvolge il labirinto dei pensieri
degli elementi assoluti così
imperfettamente congrui i solchi
le indelebili macchie fra le righe e gli spazi
poi la coerenza da non dimenticare mai
lo stile cercato nei cassetti e dentro
la polvere dei libri
la fatica della ricognizione tutto ha un inizio
nulla si conclude qualcosa rimarrà o
magari no forse soltanto un peso inutile
un debordante avanzo di vuoto
e la scialba consapevolezza che il
tempo sposta le nuvole e
inchioda i sentimenti
alle pareti per ogni anima perduta
(2018)
incidenti di percorso
ai margini di un marciapiede irrisolto
di una foresta pluviale incompleta
a ridosso di una montagna incantata
di un equinozio rumoroso
piove un catalogo di nubi gialle
i visi delle donne hanno rughe nuove
amo vederle con la pelle bagnata
scuotere i capelli nell’uscire
dall’acqua ed è in quel preciso istante
che ritrovo la tempesta raccolta
in un bicchiere di carta è in quel
preciso istante che ricordo assai bene
certi tragici amori non corrisposti
che cos’erano in fondo se non
banali incidenti di percorso
piccole macchie da cancellare
fotografie da sminuzzare
tralasciando il malessere oscuro
solo così avverrà la liberazione
non ci saranno inopportuni ricordi
non ne rimarrà nulla proprio come
una luce all’improvviso spenta
un foglio strappato un ultimo respiro
proprio come un’impronta sulla sabbia
in un giorno afoso di prima estate
Enea Roversi è nato a Bologna, dove vive. Si occupa di poesia da molti anni, collaborando con diverse realtà. Più volte premiato e segnalato in numerosi concorsi, è stato pubblicato su riviste, antologie e blog letterari e ha partecipato a diverse letture e rassegne poetiche. Le sue ultime raccolte pubblicate sono: Incroci obbligati (Arcipelago Itaca, 2019), Coleoptera (puntoacapo Editrice, 2020, Premio Città di Acqui Terme 2021), Incidenti di percorso (puntoacapo Editrice, 2022). Fa parte dello staff organizzativo del festival Bologna in Lettere fin dalla prima edizione. Si occupa anche di arti figurative (collage e tecnica mista). Gestisce il blog Tragico Alverman e il sito www.enearoversi.it .
Grazie di cuore ad Alma Poesia per lo spazio dedicatomi e a Sara Serenelli per l'attenzione nei confronti della mia scrittura.