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Immagine del redattoreAlessandra Corbetta

Nota di lettura a "Hula apocalisse" di R. Batisti, F. Brancati e M. Malvestio

Nel 2018 esce, per Edizioni Prufrock, un interessante lavoro poetico a firma di Roberto Batisti, Francesco Brancati e Marco Malvestio; si intitola Hula apocalisse e si compone di tre parti/opere: Affeninsel (Batisti), L’inesploso (Brancati) e Il sogno di Pasifae (Malvestio).


In Affeninsel la storia umana più antica viene ripercorsa con uno sguardo allucinato e malinconico, in cui a prevalere è una visione degli aspetti più grotteschi che riguardano la nostra specie, come se la osservassimo muoversi dentro un videogioco, da cui il titolo, da noi stessi comandato; la suite poetica di Batisti, in effetti, dando prova di un ricercato polimorfismo metrico e di un raffinato plurilinguismo, crea un forte senso di spaesamento e, dunque, di inquietudine nel lettore, anche per la modalità di occupazione del bianco della pagina che, in una sorta di lotta contro l’horror vacui vitae, conserva pochissimo margine di respiro, compressa come resta tra testo, citazioni, note e appunti (dato, questo, che permane anche nelle raccolte di Brancati e Malvestio).


Tale elemento, quello con la maggior carica destabilizzante, è allo stesso tempo la cifra di una sperimentazione non scontata che i tre studiosi mettono in pratica, poiché l’apparato para testuale, più che supportare in maniera completiva i versi, si inscrive con finalità ironica, fuorviante o problematizzante del lavoro fatto per giungere al risultato finale.


Con L’inesploso, costituito a sua volta da tre sezioni, Brancati sposta la riflessione sul legame tra pensiero-azione-parola, tra gesto, anche linguistico, che rimane in potenza oppure sceglie di farsi atto, in perfetta linea di continuità con quella strutturazione dicotomica del reale, secondo quanto sostenuto da Pierre Levy, di attuale e virtuale. Brancati crea uno spesso fil rouge tra poesia e contemporaneo, invitandoci a pensare in forma nuova la relazione tra linguaggio e realtà, attraverso un processo decostruttivo reso tangibile in questi testi che, in un’ottica poetica e specularmente meta-poetica, arrivano a sfilacciare la grammatica e il suono, a farsi radice dalla quale un tentativo di svincolamento nel labirinto fitto del postumanesimo possa andare a buon fine, nonostante la complessità, nonostante il fitto buio.


Per Il sogno di Pasifae, Malvestio dà forma a un poemetto mitologico-pornografico dove a confrontarsi sono il desiderio e la morte, da intendersi come desiderio di morte e anche come morte del desiderio. Tale dualità, reciproca e inversa, è, in qualche modo, cifra con cui leggere l’intera raccolta, dal momento che c’è un ricorso costitutivo alla maschera in qualità di elemento attraverso cui filtrare la parola; e la natura doppia si manifesta anche nell’intento dell’autore di indagare contestualmente l’animo umano e l’atto comunicativo, sfondando le porte della lirica e muovendosi abilmente tra postmodernismo (in superficie) e modernismo (quest’ultimo a costituire, a mio avviso, reale frame di riferimento dell’opera). Avvalendosi del mito archetipico, Malvestio riesce a entrare con vigore dentro il presente, che, attraverso l’analisi metalinguistica proposta, viene scandagliato su più fronti, permettendo al lettore di essere coinvolto sia sul piano empatico che su quello cognitivo-razionale.


Hula apocalisse, nella sua voluta complessità strutturale e compositiva, rappresenta un esempio significativo di induzione a riflettere sui meccanismi dell’atto linguistico e della società, prima ancora che su quelli della poesia, in un intento che, sebbene non possa far parlare di lavoro generazionale, certamente molto riesce a dirci di fenomeni e cambiamenti in corso, fornendoci una chiave di lettura non scontata per quello che già sta accadendo e che tutti ci riguarda.



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