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Immagine del redattoreElena Verzì

Nota di lettura a "Cronache dalla controra" di Isabella Paola Stoja

«È l’affanno delle corse / che ci impongono / che ci lascia esanimi / ai bordi di queste strade.» Questi versi tratti dalla silloge poetica Cronache dalla controra (ChiPiùNeArt, 2022) di Isabella Paola Stoja descrivono le contro horas: le ore contrarie a qualunque tipo di dinamismo e operosità. La raccolta è divisa in tre sezioni rispettivamente intitolate L’una, Le due, Le tre e fa eco alle prime ore dei pomeriggi estivi, caldi e infuocati destinati al far niente. Nella poesia di Stoja, in questo tempo di stasi e di ozio si prova a «dare un posto a vita e morte», e «nella stanza / vuota / di riflessioni acute / diventano note / parole prima sconosciute.»

In questa immobilità si è soggetti alla gravità degli eventi, perché anche l’inerzia ha un peso e impatta sul decorso della storia. Nella prima sezione Stoja affronta il tema del passato, del ricordo che come «viluppo / pulsante delle vite / s’incaglia / nelle trame scucite / d’un pozzo / che stagna». Il tempo sospeso mostra le due facce della medaglia, se da un lato è un’abitudine rituale che si aspetta come «salvezza dei giorni», per opposizione dall’altro «ogni giorno / si fa - crudele - / uguale a se stesso». Nella seconda sezione, si indagano le relazioni interpersonali, gli amori, i luoghi di condivisione e di silenzio. Stoja sa di cosa peccano i rapporti: di quella «presunzione / senza tempo / di sapere le trame / dell’altro..»

Nella terza sezione i temi trattati sono quelli della morte e della caducità, come declinazione e conseguenza del tempo passato.

Nella raccolta sono ricorrenti immagini di tele e trame dei tessuti come metafora della vita e degli intrecci con l’altro. Tra i versi appaiono chiare contaminazioni delle letture dei grandi poeti come Montale (vedi riferimenti ai versi «meriggio», «cocci aguzzi»). I versi sono ricchi di una musicalità oltre tempo, impreziositi da rime incatenate. Cronache dalla controra è un diario di bordo che scandaglia gli aspetti contrari alla vita e sui quali non possiamo intervenire ed è così che inermi si subisce il peso di questa immobilità; ma si sa «dietro l’angolo / un’ombra si riposa / riprende la corsa / verso il punto fermo».




I


I ricordi

sono un vizio

che mi scorre nelle ossa.

Sulle città dormienti

ora l’afa

è scossa

dalla mia ombra

tarlata

dai vagiti

piani

di queste cavie

che mi rosicano il ventre.


XVI


Al meriggio l’afa s’aggroviglia

contro i muri pallidi

dei vicoli

contorti nelle loro bolge

di strade

il vociare mattutino

s’è fatto silenzio

al riparo dal pianto

d’un bambino.

Echeggia il tanfo del mercato

abbandonato tra le crepe

dei palazzi

spenti

è questa l’ora ferma

degli eventi

dove tutto

nel suo dramma si riposa.

Un impavido osa

affacciarsi alla finestra

un cespo spoglio

di ginestra

di lontano

i suoi fumi lenti

due randagi s’inseguono

dietro l’angolo

impazzito di sole.


XIX


Tutto ciò che ho

da offrirti

è la metà sghemba

di quello che non sono

la bava strascicata

di un perdono

che non so dare

l’acqua stagnante

della sorda fatica

dell’amare.


XXXIII


È antico il fragore

del sangue

contro le vene

scorre, combatte, freme

al canto

d’ignote sirene.

Risparmiaci la tempesta

i flutti

vuoti di senso

d’un tempo vile.

Se la morte

si sconta

vivendo

almeno mettiamo

a debito

le stelle

d’un cielo ostile.



Isabella Paola Stoja, classe 1990, nasce a Bologna. Cresce in Basilicata a Policoro e nel 2009 si trasferisce a Milano per frequentare la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Oggi è docente di Italiano e Latino al Liceo Scientifico E. Fermi di Milano. Vive in provincia di Varese con suo marito, sua figlia e i suoi due gatti. Nel 2021 ha esordito con “La neve dei pioppi”, silloge composta da 53 componimenti ed edita da Monetti Editore. A distanze di un anno esce “Cronache dalla controra”, ChiPiùNeArt Edizioni.

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