Nota di lettura a "Black Sicily" di Fernando Lena
Fernando Lena, poeta nato nella Comiso di Bufalino, pubblica Black Sicily, Arcipelago Itaca (2020), 73 pagg., con prefazione di Francesco Tomada. La raccolta esce con qualche anno di distanza rispetto a Profezia dei voli edita per i tipi di Archilibri nel 2016, che già orientava sulla scrittura schietta e precisa di Lena.
Se la Sicilia è terra di luce, luce che ferisce e invade senza ritegno, qui la scelta già dal titolo ricade nella zona d'ombra: sembra voler indicare, rivelare le intenzioni del percorso tortuoso e scuro della storia narrata. Il poeta, nella nota all’intero lavoro, esplicita l'idea che origina il libro: «pensato e scritto come un breve romanzo in versi». Quello di Lena è «un destino di talpa», un procedere sotterraneo nel rapporto col padre e con la vita, è stare sottotraccia. Il nero è colore del lutto e della solitudine che si palesa negli ospedali, nei funerali, nei centri commerciali, nei luoghi comuni con cui, qui, si costruisce il canto poetico. La poesia di Lena racconta il «black out del respiro» quando il «sole si spegne» nelle tracce dolorose della quotidianità: la malattia, i proiettili di un killer, lo spaccio, la violenza disumana che si subisce perché è dura «per un finocchio nascere tra questi ingorghi di degrado», e i suicidi, lo stupro, tutte le realtà scomode eppure vere. La verità sottende l'intera raccolta al di là della cifra autobiografica, svelando il mondo, il suo lato più duro. È una poesia, questa, che non ha paura di sporcarsi le mani, come scrive Francesco Tomada.
III
Al bar consigliano
una rivoluzione lampo:
due tre scioperi
o una totale estraneità
sulle tasse da pagare,
e poi intanto…in tanti
pagano il sacrosanto “pizzo”
come se il tempo non avesse insegnato
che il crimine non è un cane
cui basta accarezzarlo
per renderlo mansueto.
Ormai tutto qui
non smette di mordere
dal sole afoso
al male che si sposa
di prima mattina
con il cappuccino
e poi a volte ti chiedi
perché sono partito
senza andare mai via.
X
Il dolore qui è traccia, tumulto
se lo guardi in uno dei tanti funerali
contemplati dallo scirocco.
Con il nero che si stringe
alla mancanza di un colore opportuno
si appare anche più leggeri,
incredibilmente snelliti dalla costanza
di dover amare per essere riamati.
L’ho capito dopo la tua morte
che il silenzio è il pensiero
da cui scegli la parola addio
XXIV
All’asilo ho imparato dalle suore
a non sorridere,
ero una pulce sorniona,
un prurito di fobie
diventate presto
attitudine alla dipendenza,
non riuscivo nemmeno
ad allacciarmi le scarpe
per inciampare meglio,
tuttavia avrei poi imparato presto
ad usare le vene come un cappio
e così a forza di strozzarlo troppo il futuro
ho perso quel fiato
che pensavo fosse il nostro
ma era già l’addio perspicace del tuo cuore,
il silenzio dopo un dolore sbattuto.
XLI
Un centro recupero per luttodipendenti
pura follia? Qui come negli alcolisti anonimi
la parola diventa un’assatanata
sofferenza da spurgare,
Mara intanto ci racconta
di come ha perso Elisa
dopo uno stupro, il sangue
il suo respiro interrotto
nel baccello materno
e io? Dovrei raccontare
di come ho perso me stesso
guardando il cielo
da un cortile al buio
mentre il pollice spingeva
l’instabilità di qualche Dea
venuta a sussurrarmi che Marte
è appena fuori dalla vena
appena dopo che togli l’ago
e la musica allinea i pianeti
con un prurito e un dire rauco
disfatto dal silenzio.
Fernando Lena (Comiso, 1969) risiede attualmente per lavoro a Poggibonsi (SI). Ha pubblicato diversi libri di poesia, tra questi due libri d’arte, uno ispirato alle tele del pittore Piero Guccione, l’altro, Fuori dal mazzo, in collaborazione con due artisti pubblicitari. I suoi ultimi tre libri di poesia sono La Profezia dei voli (Archilibri 2016), La Finestra dei mirtilli (Salarchi Immagini 2019) scritto insieme alla poetessa Daita Martinez e poi il recente Black Sicily (Arcipelago Itaca 2020). Suoi testi e recensioni sono presenti in diversi Blog e in antologie collettive. Da qualche mese cura una sua rubrica di libri nel blog letterario L’Estroverso.
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