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Immagine del redattoreSara Serenelli

«Liberami dal principio»: recensione a "Ipotesi di lettura per una bambina cyborg" di L. De Marchi

Ipotesi di lettura per una bambina cyborg (Transeuropa, 2020) di Lella De Marchi è più di una semplice raccolta di poesie: è un racconto, un viaggio conoscitivo, un esercizio di libertà, un luogo di incontro di opposti, una ritmica chiosa, «glossa inopportuna» alla vita umana e al suo farsi nel mondo. Si percepisce tutta l’urgenza di dire attraverso la poesia, una sorta di concitazione, una scrittura febbrile che si attua nella pagina grazie a una particolare attenzione ritmica. Il lettore si abbandona alla musicalità del verso, ottenuta grazie a giochi combinatori, assonanze, enjambements, a un uso parco della punteggiatura, a un dire che è al contempo un non dire e che pone la poesia come luogo del mistero e insieme del suo disvelamento. Corrono e talora stanziano le parole, evocano i suoni; alcuni versi arrivano e ci pungono nel vivo, sententiae che spesso De Marchi mette in risalto grazie all’uso del corsivo («noi non siamo solo noi noi non ci bastiamo mai»; «la stagione che ritorna non è mai la stessa»; «chi ti ha generato non sempre ti assomiglia»; «è molto di più che una forma l’identità»; «siamo la doppia immagine che può vedersi da sola»). Un flusso del pensiero monologante (a tratti un vero e proprio flusso poetico di coscienza) nel quale si innestano e si combinano riflessioni esistenziali, aforismi, ricordi, considerazioni sulla tecnologia.


C’è una storia da doversi raccontare e allora il verso è disteso quasi prosastico a ridirci l’infanzia della bambina cyborg che è al contempo l’infanzia del mondo. Dall’altro lato De Marchi tenta attraverso i suoi versi di ridarci indietro la fluidità del mondo: sottesa a questa poesia vi è una visio mundi che non è binaria né tanto meno univoca. La poeta rompe con forza i confini dei ruoli prestabiliti, ci dondola in un senso di fluido che è “trascorrenza” e compresenza di più e vari elementi che spinge noi lettori ad andare oltre agli schematismi mentali, ai binarismi politici o di genere, finanche oltre alle distinzioni di generi letterari. È una poesia conoscitiva che invita a una immersione, a una esplorazione e spinge davvero a una liberazione, ben esemplificata in Androgino: «liberami dal principio della specie dal concetto / di persona di razza di genere dall’atto che si genera / ripetutamente dall’impasse della riproduzione». L’immagine della bambina cyborg è una sorta di metafora, è il luogo dell’inconscio dove i confini tra l’Io e l’altro vengono annullati, dove ognuno di noi passa e si interroga, cerca di comprendere il concetto di identità. Una figura che mette in discussione anche i rapporti canonici come quello tra madre e figlia: osserva acutamente Maria Luisa Vezzali nella Postfazione al volume che questi titoli sono «travolti da un vento di reversibilità in cui non è chiaro chi insegna o apprende, chi nutre o è nutrito, chi è prima e chi dopo». Mi sembra che questo dialogo madre-figlia possa essere letto anche come un dialogo interno tra ogni donna e se stessa. La seconda parte della raccolta invece si concentra su figure archetipiche del passato, come Eva, Vergine Maria e un Narciso “affondato” nella bellezza, mito del quale la poeta offre una lettura in positivo; ma anche del presente, attuali come Drag queen o Trasgender. La poesia di Ipotesi di lettura per una bambina cyborg è una tavolozza di colori e di sfumature, uno spartito nel quale convivono melodie diverse che sanno mescolarsi, uno specchio che rifrange l’immagine del mondo e di noi stessi in inimmaginabili esiti: «ogni mondo è perfetto uno specchio l’immagine stessa / di dio ma ha vergogna di se stesso».


Lella De Marchi (Ph. Valentina Millozzi)

Lella De Marchi (Pesaro, 1970) è poeta autrice performer. Laureata in Lettere Moderne a Bologna ha poi seguito corsi di scrittura creativa e sceneggiatura (con Andrea Camilleri, Tonino Guerra, Ugo Pirro, Vincenzo Mollica), laboratori di lettura espressiva ad alta voce e teatro. È diplomata al CET di Mogol come autrice di testi per canzoni. Ha pubblicato tre libri di poesia: La spugna (Raffaelli, 2010), Stati d’amnesia (Lietocolle, 2013), Paesaggio con ossa (Arcipelago Itaca, 2017) e un libro di racconti brevi Tutte le cose sono uno (Prospettiva, 2015). Ha ottenuto molteplici premi e riconoscimenti a concorsi, sia con l’edito che con l’inedito. Suoi testi sono compresi in blog, antologie e riviste di poesia contemporanea. Unisce alla scrittura un’intensa attività performativa, partecipando a reading, poetry slam, festival in tutto il territorio nazionale e realizzando azioni poetico-musicali in collaborazione con altri artisti.

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