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Immagine del redattoreSara Vergari

Le Rubriche di Alma: Alma & Zanzotto (II Appuntamento)

Zanzotto per la scuola


Per Andrea Zanzotto non si può certo parlare di sottovalutazione, di vuoti editoriali o lacune critiche. Si tratta di un autore pienamente nel canone, pubblicato e ripubblicato costantemente da grandi case editrici, studiato e letto sotto numerose prospettive critiche. Tuttavia, se si esce per un momento dal mondo degli addetti ai lavori della poesia e letteratura, ci si accorgerà che non è altrettanto conosciuto come Montale o Pascoli. La causa di ciò è piuttosto semplice e banale; quasi mai Zanzotto viene studiato nelle scuole. È presente nei manuali scolastici ma difficilmente si arriva alla seconda metà del Novecento e, anche quando capiti, si prediligono altri autori, spesso di prosa. La poesia del Novecento è piuttosto relegata alla triade Ungaretti, Saba, Montale e poco altro. Al di là dell’evidente impossibilità di includere il vasto numero di autori novecenteschi, la scelta di Zanzotto risulterebbe oggi tra le più proficue anche in termini interdisciplinari e attualizzanti. Intorno a Zanzotto si possono costruire infatti diversi percorsi che includano letture molto contemporanee, utili a riflettere su temi urgenti e onnicomprensivi. Attraverso quest’autore si può cioè leggere la storia di fine secolo in alcuni suoi punti essenziali.

Il discorso condotto da Zanzotto sulla lingua non è solo di tipo letterario, bensì ha dei connotati storici e sociali. La denuncia verso la corruzione della lingua contemporanea diviene un’accusa alla società capitalistica post-bellica, all’esplosione dei mezzi di comunicazione di massa che l’hanno impoverita o comunque modificata. Nel ripercorrere la storia della lingua italiana, molti linguisti, a partire da Giuseppe Antonelli in L’italiano nella società della comunicazione 2.0 ( Il Mulino, 2016), fanno riferimento a Zanzotto per la rivitalizzazione del dialetto ma anche per le riflessioni su lingua e mass media. Un’unità didattica potrebbe quindi leggere Zanzotto, oltre che in una prospettiva letteraria, nell’ottica di far comprendere alcuni aspetti della nuova società post-bellica fino al rapporto tra lingua scritta-orale e i più recenti mezzi di comunicazione usati trai giovani (social networks, chat e così via), allargando il discorso anche alla sociologia.

Uno degli eventi storici più importanti correlati alla Seconda guerra mondiale è certamente la bomba atomica, come evento in sé ma anche per le sue conseguenze. La possibilità e la minaccia dell’atomico ha messo in crisi il senso stesso dell’esistenza umana a partire dagli anni Cinquanta, disorientando la percezione del tempo e della Storia, nonché della vita dell’individuo. Un po’ come il passaggio al Rinascimento e all’Età moderna con la rivoluzione copernicana e poi l’inizio del Novecento con la psicanalisi e la “morte di Dio”, anche quest’evento, se pur in misura minore, ha contribuito a una nuova visione dell’uomo. Si può far comprendere tutto questo leggendo Zanzotto, che in numerosi scritti ragiona con la solita acutezza antesignana sulla presenza di una piaga nell’uomo e nella società che chiama precisamente apocalittica. Il fenomeno dell’apocalittico si verificherà in letteratura italiana, specie nei romanzi, a partire dagli ultimi decenni del secolo fino ad essere una corrente ancora attuale (i romanzi di Morselli, Volponi, arrivando ad Ammaniti). Stesso discorso vale per la denuncia di Zanzotto sul tema dell’ecologia, su cui fin da subito ebbe una perspicace visione di deriva apocalittica.

E neanche sul compito e sulla relazione pedagogica Zanzotto si è tirato indietro, facendone oggetto dell’Ecloga IX. Il ruolo dell’insegnante di fronte ai giovani, dice Zanzotto, non dev’essere quello di portare una verità assoluta che nemmeno egli, in quanto umile individuo, può custodire, bensì quello di donare il proprio pensiero, entusiasmo e la propria curiosità, mantenendo la sua funzione educativa e al contempo aprendosi a un dialogo interiore che vivifichi sé e gli altri.



io sia colui che ‘io’

‘io’ dire, almeno, può, nel vuoto,

può, nell’immenso scotoma,

‘io’, più che la pietra, la foglia, il cielo, ‘io’:

e, in questo, essere indizio, dono,

dono tuo, agli altri donato.


(Ecloga IX, in IX Ecloghe)

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