Le Rubriche di Alma: Alma & Campo (I Appuntamento)
Cristina Campo e l’Altrove
Iniziare una rubrica sul profilo di Cristina Campo parlando della sua biografia sarebbe un approccio critico poco adatto a questa figura che, da sempre, ha scelto di essere una, nessuna e tutte le cose insieme. Cristina Campo non è di fatti il suo nome alla nascita ma è lo pseudonimo di Vittoria Guerini. Tuttavia, sono molti gli eteronimi usati dall’autrice nel corso del tempo, secondo una precisa scelta di vita e di poetica volta a sganciarsi dal qui ed ora, così come da un’identità unitaria. Concetto che ben riassume in “Diario bizantino” nel verso: «Due mondi – e io vengo dall’altro». Anche la lingua della sua scrittura non a caso cerca di rompere il rapporto binario che associa un significante a un significato attraverso un percorso di simbologia e astrazione del dato reale. Figlia del mistero e del pensiero di Simone Weill, Cristina Campo è stata una delle più grandi ricercatrici dell’Altrove, sempre in viaggio verso altre dimensioni. Forse per questo anche una grande devota della letteratura come credo, che trova il suo più alto scopo nell’assegnare alla realtà altri significati, nuove facce, diverse prospettive dal senso comune.
Fin da piccola lettrice di fiabe, qui vi riconosceva non a caso un potenziale simbolico altissimo tra miti antichi e folklore. Ma è la lezione di Simone Weill ad influenzare oltre modo il pensiero di Cristina Campo. Se nella realtà regna il “gioco delle forze” (come scrive nel saggio "Della fiaba" in Gli imperdonabili), noi dobbiamo invece assecondare ciò che la filosofa francese chiama l’unico piccolissimo spazio aperto al soprannaturale. Sia nella scrittura saggistica che in quella lirica la poetica risulta chiara fin dall’inizio, sebbene poi l’interpretazione del testo campiano non sia mai scontato, ma intriso di misteri e associazioni desuete. Questa si può riassumere nell’immagine reale che non corrisponde più al suo significato, ma tende a trasfigurare in astrazioni simboliche. La particolarità del simbolo di Campo poi è proprio la sua tangibilità, in quanto nasce da un dato materico. Ne scrive lei stessa in Sotto falso nome, parlando di un altro maestro del simbolo, Borges: «la più lampante delle figure può senza tregua fluire in mille altre, complicarsi infinitamente nel tempo e nello spazio; laddove la più pura astrazione si configura ogni volta, per magia dello stile, in un tracciato splendente e tangibile come un tappeto o un atlante».
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