«Le parole del passato»: recensione a «Nove lame azzurre fiammeggianti nel tempo» di Tommaso Di Dio
Cosa rivelano di noi – del nostro mistero profondo – le parole del passato? E quanta verità si cela nella pasta intensa dei colori delle foto che ci ritraggono? Queste Nove lame azzurre fiammeggianti nel tempo (Scalpendi, 2022) di Tommaso Di Dio sono un archivio di parole e immagini che si intrecciano fra loro, in una sorta di trama e ordito capace di tessere la storia del proprio vissuto. Come un ricercatore desideroso di ricostruire una mappa perduta, Tommaso Di Dio riordina, descrive ed etichetta quasi venti anni di produzione poetica disseminata in antologie, plaquette e libri d’arte ormai introvabili. Ai testi già editi, aggiunge descrizioni e documenti visivi senza alcun intento didascalico, tutt’altro. Foto e testi concorrono insieme a generare il flusso di questo libro-archivio in grado di dar conto e di gestire la memoria, con il desiderio di lanciare uno sguardo sul futuro.
Il passato vive in noi; e il suo mostrarsi nel presente è segno di vitalità e al tempo stesso costituisce l’abbrivio per l’avvenire. Perché – sembra dirci Di Dio – non esiste domani senza un radicamento in ciò che si è stati e si continua ad essere.
L’opera in questione è certamente singolare. Dal momento che in genere, le raccolte di poesie o le collazioni di testi vengono curati da persone diverse dall’autore. Qui invece, in prima persona, Di Dio rintraccia il filo rosso della propria opera compiendo una scelta poetica su se stesso, che risulta comunque funzionare.
Il tema principale, come accennato, è quello della memoria e dell’identità. Chi siamo può dircelo solo la nostra storia, e anche quando l’occhio che indaga è il nostro, anche quando si tratta di guardare dentro le pieghe del nostro destino, si può avere l’accortezza di «leggersi» come se si fosse altri-da-sé. «Inizio ora a pensare quanti anni ho. / I vent’anni presi come un graffio. / Dentro la casa, la scala va verso l’alto / infinitamente. Qui si partorisce / dalla faccia della gente, tronchi, sassi / come crani, mentre una montagna / ci sovrasta. A vent’anni lo sguardo è nei chilometri / in alto, dove tutto è sostanza viva / dei boschi. Dormono nella casa, sono tutti silenziosi. / Ma al mattino si disse che / morte non avrà su questo / spazio né parola».
A vent’anni lo sguardo è nei chilometri, scrive di Dio. A vent’anni si vive fin nelle viscere profonde l’ebbrezza del viaggio per poi, dopo decenni, guardarsi indietro e scorgere la linea del tragitto compiuto. Ecco, l’autore attraverso i suoi testi legge se stesso come se fosse un altro. Come se quei versi scritti anni prima fossero stati redatti da un terzo, da un uomo che lui – curatore – osserva ora da più lontano.
Nonostante gli anni che separano alcune poesie dalle altre, è comunque possibile rintracciare una comune cifra stilistica e sonora. Il verso libero e il ritmo tornano in modo molto simile in poesie scritte anche a grande distanza di tempo. A variare, invece, sono talvolta i temi – e d’altronde non potrebbe essere altrimenti – salvo però, come ad esempio per l’amore, ritornare, in forma elicoidale e in modi sempre diversi, a tentare di dire il segreto di quel sentimento, che coviamo nel cuore e che da sempre – insieme alla morte – costituisce uno dei due pilastri di qualsiasi canone poetico.
L’amore, ovvero ciò che non si lascia dire e che tuttavia non possiamo sottrarci dal dire, l’amore in tutte le sue forme emerge di continuo dalla raccolta. Amore per la vita, per il mondo circostante, amore persino per il tempo che scorre senza sosta, con questa sua assassina inesorabilità. Amore per i bisognosi, per gli indifesi e gli ammalati: in tal senso sono molto forti i versi dedicati ai bambini del reparto di neonatologia dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna.
La poesia di Di Dio inquadra la morte e i suoi rischi, ma è attaccata alla vita. Canta l’amore per cantare la vita nelle sue molteplici evoluzioni.
Questa raccolta, molto ben curata, ci consente di entrare nelle trame profonde dell’esistenza di un autore, di valutare le sue evoluzioni e anche i mutamenti subiti nel percorso di scrittura. E pertanto, oltre che interessante da un punto di vista «tecnico», è anche un libro di poesia significativo, che getta l’occhio indagatore sulle contraddizioni evolutive della nostra vita, sul nostro essere complicati e sulla bellezza dello stare al mondo in continuo cambiamento.
Queste nove fiamme azzurre sono davvero fiammeggianti e luminose che si dipanano in un tempo lungo.
È autore della raccolta di poesie Favole, Transeuropa, 2009, con la prefazione di Mario Benedetti. È stato giurato, per la sezione under 40, del premio letterario Premio Castello di Villalta Poesia, ora Premio Pordenonelegge Poesia ed è giurato nel Premio Franco Fortini. Nel 2014 ha pubblicato il saggio Omologia e totalità, Un percorso sulla nozione di differenza tra la biologia e l’arte di Barnett Newman nella raccolta Prospettive della differenza, Lubrina editore, a cura di Carlo Sini, insieme al quale, dal 2015, è membro del comitato scientifico della laboratorio di filosofia e cultura Mechrì. Nel 2014, esce il suo libro di poesie Tua e di tutti, Lietocolle, in collaborazione con Pordenonelegge, tradotto in francese da Joëlle Gardes per Recours au poème éditeurs. Nel 2015 pubblica la plaquette Per il lavoro del principio, nata all’interno del progetto Le parole necessarie, in collaborazione con Il Centro di Poesia Contemporanea di Bologna e l’Ospedale Sant’Orsola. Nel 2017 è stata pubblicata in tiratura limitata la breve raccolta Alla fine delle favole, Origini edizioni, Livorno. Nello stesso anno, pubblica il saggio Nel labirinto del ritorno. La parola poetica e il ritmo, nella rivista «Il Pensiero» a cura di Massimo Donà. Per Ibis Edizioni, è stata pubblicata la sua traduzione di La primavera e tutto il resto del poeta americano W.C. Williams. Nel 2018 è tra i fondatori della rivista di poesia e arte Ultima, in cui ha pubblicato la plaquette World Wide Whatsapp crash. Nell’autunno del 2019 ha scritto una Prefazione alla riedizione del libro di Vittorio Sereni, Il musicante di Saint-Merry, edita da il Saggiatore. Nel 2020 sono stati pubblicati due libri di poesia: per l’editore Interlinea, Verso le stelle glaciali e per le Edizioni volatili, la plaquette La favola delle pupille (tradotta in greco da Maria Frangoulis). Nel 2022 esce, per Scalpendi Editore, il libro di poesia Nove lame azzurre fiammeggianti nel tempo. Nel 2023 ha curato un’antologia della poesia italiana degli ultimi cinquant’anni, Poesie dell’Italia contemporanea (Il Saggiatore), e ha pubblicato per Nino Aragno il suo ultimo libro di poesia: Ardore.
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