«La fuga nei sogni»: recensione a «Ma lasciatemi sognare» di Guido Gozzano
Aggiornamento: 12 gen
Ma lasciatemi sognare (Gammarò, 2023) è la raccolta dell’intera attività poetica di Guido Gozzano, che in vita aveva dato alle stampe due sole opere: La via del rifugio (1907) e I colloqui (1911).
Il volume, di cui si dà qui conto, a cura di Maria Teresa Caprile, è impreziosito da un saggio introduttivo di Vincenzo Gueglio e da una presentazione di Francesco De Nicola, che chiarisce le caratteristiche di questa edizione, ricca di note su personaggi, situazioni storiche e vocaboli oggi non più in uso.
L’intero corpus gozzaniano è costituito da quarantanove poesie che non mostrano affatto i segni del tempo. Gozzano è a tutti gli effetti un uomo dei nostri giorni. La sua poetica è ancora attuale, risponde molto bene al gusto contemporaneo.
In ottica prettamente poetologica, potremmo dire che la sua versificazione è originale e – per certi versi – istintiva, caratteristica di un intellettuale non accademico, che si presenta all’inizio del Novecento come colui che rompe un certo modo di fare poesia e di essere poeta. Per Gozzano la poesia è vita, effervescenza. Con lui, i versi non sono più pensati o scritti da nobili chiusi nelle loro biblioteche, come accadeva a Leopardi e a Manzoni, né vengono elaborati da professori eruditi, come nel caso di Carducci e Pascoli. No, Gozzano è diverso: è un autodidatta, di famiglia e cultura borghese, che cerca di esprimere, attraverso la scrittura, i suoi stati d’animo e il suo modo di abitare il mondo.
L’uomo, il mistero che lo abita, l’enigma dello stare a galla fra le onde di un mare in tempesta sono i temi principali che Gozzano sviluppa. Elabora un pensiero tormentato, direi persino tragico. Vive intensamente il senso profondo della contraddittorietà del reale, inestricabile e irrisolvibile. E per non affondare, per non restare impigliato nelle complicate maglie della vita quotidiana, legge il presente con ironia e lascia all’uomo una possibile via di fuga attraverso il mondo dei sogni. È il sogno la porta aperta verso quella speranza che andrebbe sperata sempre e comunque, al di là di qualsivoglia ragionevolezza.
Ma lasciatemi sognare esprime allora questa voglia di vita che supera il mero quotidiano. È qui il sogno che desta la vita e le mostra le sue contraddizioni paradossali, i suoi incastri dolorosi, ma anche le luminosità più attraenti, che però fuggono via, sempre. Perché tutto passa, tutto scorre. E allora bisogna riprendere la via della propria esistenza e tornare a cercare di nuovo, senza perdersi d’animo. Cercare un senso, una direzione, un modo proprio e originale di stare al mondo, anche se sappiamo – è questa la convinzione di Gozzano – che nulla persista. E d’altra parte, il poeta sa di essere destinato a una vita di vagabondaggio. Sa di non avere approdi e di dover rincorrere una parola, una voce, qualcosa che non si fermerà a lungo. Perché tutta la vita è uno scorrere di fatti, di incontri, che possono essere però fermati su carta. Possono essere sognati e fatti rivivere più e più volte, finantoché ci sarà la voce di qualcuno pronto a leggere di nuovo questi versi: e a sperare. Sperare oltre ogni ragionevole speranza il sogno che si fa realtà. Realtà di parole e ritmo. Realtà di poesia e bellezza.
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