Intervista a Marco Munaro (Il Ponte del Sale Editore)
Per il sesto appuntamento con "Le Case di Alma" c'è Marco Munaro, ovvero Il Ponte del Sale Editore, intervistato da Alessia Bronico.
Sul sito della casa editrice si legge: «l’Associazione per la Poesia Il Ponte del Sale è nata ed opera a Rovigo dal 2003» e continua «Lo scopo principale dell’Associazione Il Ponte del Sale è di promuovere la Cultura e la Poesia attraverso pubblicazioni, incontri, letture in sinergia con altre forme artistiche. Rappresentare quanto di meglio urge nel campo della poesia, senza limitazioni di lingue e cultura.» Quali altre motivazioni l’hanno portata ad avventurarsi nel mondo della poesia e qual è, a suo avviso, la definizione più adeguata per un editore?
La poesia è entrata nella mia vita fin nell’infanzia, prima della lingua appresa dagli adulti e nella scuola; era lo stupore connesso al silenzio o meglio al canto della vita e ad un culmine del sentire e della volontà di dire, straripante di bellezza e vitalità. Col tempo, sono venuto maturando l’idea che la poesia – per quanto sia qualcosa che sappiamo riconoscere ma non siamo in grado di definire adeguatamente – sia la lingua ineffabile della realtà. Quanto all’avventura del Ponte del Sale, c’era all’inizio l’idea, forse un po’ ingenua, di costituire un embrione di società letteraria fatta di lettori e autori accomunati dall’amore per la poesia. Si è trattato soltanto di un sogno, perché dal 2003 a oggi raramente abbiamo raggiunto l’adesione di 100 soci (attualmente sono 70), mentre io immaginavo che l’adesione sarebbe progressivamente cresciuta, anno dopo anno, insieme alla stima e al riconoscimento del valore del progetto letterario, cosa che non è avvenuta: all’aumento di prestigio non è conseguito l’aumento del numero dei soci. E se la cosa un po’ mi amareggia, ho compreso che si tratta forse di un segno distintivo della condizione del poeta e dell’editore di poesia, posto sempre più ai margini del mondo culturale e della comunicazione di massa – anche se la poesia vive da sempre nella contraddizione di essere, con il suo afflato universale, spesso elitaria nella realtà dei fatti.
L’editore di poesia per me non può essere che un poeta, un poeta che ama i libri e gli altri poeti (condizione quest’ultima assai rara perché spesso prevalgono odio ed invidia). Penso a Boccaccio, a Petrarca, editori prima della stampa, e all’incontro per me decisivo con il poeta-editore Bino Rebellato (e, sullo sfondo, all’esempio di Vanni Scheiwiller, che amava i poeti ma non lo era, e di Vittorio Sereni o Italo Calvino, che operarono al massimo livello editoriale senza però diventare essi stessi editori).
Il Ponte del Sale è attenta al mondo della traduzione e alla diffusione dei classici. Può fornirci uno sguardo sulle collane editoriali, e a quale lei è più legato?
Fin da subito mi fu chiaro che per documentare adeguatamente la ricerca poetica contemporanea in Italia era necessario riferirla, da una parte, a una geografia più ampia, europea almeno, mediterranea e atlantica, e insieme fornirle, dall’altra, la necessaria prospettiva storica, nutrita dallo studio dei classici (geografia e storia della letteratura, come ci aveva insegnato Carlo Dionisotti). Così sono nate le tre collane più caratterizzanti della nostra attività editoriale. La prima è la collana di poesia contemporanea, “La porta delle lingue”, giunta al n. 60, che ospita poeti italiani in ogni lingua e dialetto: il friulano di Giacomini e della Vallerugo, l’umbro della Farabbi, il siciliano di Aglieco, l’abruzzese di Alleva, il milanese di Zuccato e di Loi ecc. ma anche il tedesco, il veneto e il ladino (la ricerca è aperta); vi appaiono esordienti come Dalla Valle (che è anche il poeta più giovane) e autori consacrati come Cappi, o Cecchinel, o già “storici” come Gianfranco e Piero Draghi. La seconda collana è la collana straniera, “Il labirinto del mondo”, giunta al n. 22, che ospita autori di ogni lingua e cultura, classici del Novecento inediti in Italia, russi, finlandesi, cechi, gallesi, francesi, libanesi, palestinesi, croati, serbi, canadesi e latinoamericani. Ricordo qui solo il grandissimo poeta polacco Herbert, presente con una sua raccolta intitolata Rovigo (città mai visitata da Herbert, esule innamorato di Firenze, Siena, Ferrara e Padova ma che scelse proprio Rovigo per identificare il luogo misterioso della poesia). Si tratta della collana forse più importante, per ampiezza degli orizzonti e valore intrinseco delle opere e anche quella più entusiasmante (sono in programmazione un poeta curdo e un poeta persiano). Alla terza collana, la collana dei classici, ho voluto dare il nome di “Gli alberi capovolti”, un nome dantesco che bene esprime l’operazione di sovvertimento e di continuità di un poeta in rapporto ai suoi maestri (Virgilio nella traduzione mirabile di Tregiardini, o in quella altrettanto ispirata di Seamus Heaney, Benn nella traduzione di Giuseppe Bevilacqua, o la poesia di Bino). Ma non posso non ricordare l’omaggio a Rimbaud (2004) e quello a Dante o a Comenio, e la collana “Orbis pictus”, nella quale la poesia è vista attraverso altri saperi: la biografia per immagini (Artaud), la critica letteraria, la scuola, il teatro, l’antiquaria, l’arte figurativa (come è per Figure e figurazioni, capo d’opera nato dalla collaborazione e dall’amore di Octavio Paz e di sua moglie Marie José Paz), la botanica. Infine, più recentemente si sono aggiunte la collana “L’arca del Polesine”, che intende custodire i tesori letterari della mia terra, come per ricondurre l’universale al particolare (e viceversa): Gino Piva, Eugenio Ferdinando Palmieri, Giuseppe Marchiori; e la collana dei “maestri in ombra” (Biagio Marin, Carlo della Corte, Diego Valeri, autore quest’ultimo ritornato nella disponibilità del lettore dopo oltre quarant’anni). E l’anno prossimo sarà la volta dell’opera in versi di Ligio Zanini.
Dove sta andando la poesia, secondo lei, e dove si orienta la sua casa editrice?
Mi pare di aver già risposto a questa domanda: la poesia è il filo di Arianna nel labirinto del mondo, ma è essa stessa labirintica, inesauribile, e – avrebbe detto Borges – babelica, tanto più oggi, nel moltiplicarsi caotico ma friabilissimo della “rete”. La poesia è sempre (ieri come oggi) testimonianza del valore, loda la bellezza e dice la verità, una bellezza che non deve rinunciare alla verità, una verità che non può rinunciare alla bellezza. L’unico criterio da noi adottato per la scelta degli autori e delle opere è questo, al di là di ogni altra considerazione di poetica: l’eccellenza in cui crediamo di riconosce il sapore della poesia.
Il Ponte del Sale e la comunicazione, la sua gestione: quanto e in che modo la promozione ricade sull’autore oggi mentre in passato, in assenza di supporti digitali, era demandata interamente alla casa editrice?
La conduzione della casa editrice è famigliare, artigianale, tutti i proventi delle vendite dei libri vengono reinvestiti per fare altri libri. Siamo una piccola barca nell’oceano, ce ne rendiamo conto. Ma i nostri libri hanno una loro misteriosa circolazione e di loro si parla nelle pagine culturali dei principali quotidiani e riviste. C’è molto lavoro, molta passione, e molta pazienza. Il limite maggiore riguarda proprio la promozione, non abbiamo dipendenti, segretarie, uffici stampa, né gli strumenti necessari ad ogni impresa commerciale, che per altro non abbiamo voluto essere né vogliamo diventare. Crediamo nella presentazione dei singoli libri, in rassegne e letture che offrano concretamente la possibilità di un incontro tra il pubblico e i poeti. Continuiamo a portare la poesia e i poeti a Rovigo, e a farli conoscere in Italia. Ma molto è affidato all’iniziativa dei singoli poeti, spesso restii o inadatti. Inoltre, è vero che il libro come l’abbiamo conosciuto subirà delle trasformazioni profonde, anche per l’aumento dei costi di produzione. Siamo tra gli ultimi seguaci di Aldo Manuzio. Ma così come la stampa ha sostituito i codici degli amanuensi, allo stesso modo il libro digitale sostituirà la stampa (e questo in parte è già avvenuto con la stampa digitale e la diffusione dei pdf ). Provo ammirazione per il progetto https://www.liberliber.it/online/ di progressiva digitalizzazione del nostro patrimonio librario, eppure continuo (per ora) a stampare libri di carta costosi e in pochi esemplari. Si tratta di una contradizione solo apparente. Resteranno i libri d’arte, quali in fondo sono quelli di poesia. Trecento, cinquecento, massimo mille copie, cura maniacale dei particolari, impaginazioni e copertine che sono anch’esse opere d’arte.
Il Ponte del Sale e la rete, con tutti gli aspetti ad essa connessi: blog, social media, riviste digitali, per citarne alcuni: sarebbe interessante conoscere l’impatto sui testi, ma anche sulle vendite e sulla diffusione del libro. Quali i vantaggi e quali gli svantaggi? Quanto e in che modo la sua casa editrice usufruisce di questi spazi?
Qui si apre un campo che pratico poco, per mancanza di energie e di disponibilità economica. Più volte mi sono posto il problema, ad esempio, di realizzare un sito aggiornatoche contenesse il catalogo e potesse svolgere la funzione di promozione e invito al lettore-socio. Lo immagino come il teatro stabile dell’associazione. Finora non sono riuscito a realizzarlo ma è un obiettivo che mi prefiggo di raggiungere prima o poi, magari, chissà, entro il 2023, quando Il Ponte del Sale compirà vent’anni.
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