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Immagine del redattoreAlessia Bronico

Intervista a Claudia Tarolo (Marcos y Marcos)

Per il nono appuntamento con "Le Case di Alma" c'è Claudia Tarolo, ovvero Marcos y Marcos, intervistata da Alessia Bronico.


Marcos y Marcos, Alma Poesia

Marcos y Marcos nasce nel 1981 a Milano e nel corso di questi quarantadue anni cambia, cresce, rafforza il lavoro di casa indipendente, «una delle poche che Milano possa ancora vantare», lo leggiamo nel sito della casa editrice, da dove apprendiamo, anche, che lei Claudia Tarolo, entra in gioco in un secondo momento. Quali sono le motivazioni che l’hanno portata ad avventurarsi nel mondo dell’editoria e qual è, a suo avviso, la definizione più adeguata per un editore?


Mi ha spinto un amore antico per i libri come unione complessa di saperi, maturata fin dall’infanzia direi, perché già allora mi incuriosiva e mi affascinava tutto, dai testi alle copertine alla carta con cui erano fatti. Mi sono appassionata alla traduzione al liceo. Sono entrata nel mondo dell’editoria rivedendo traduzioni, e poi traducendo a mia volta. Un editore? Chi si assume la responsabilità di portare un libro nel mondo. Dalla scelta alla cura alla promozione.


Marcos y Marcos è attenta ai lettori di narrativa, a quelli di poesia ma anche ai giovanissimi lettori. Può fornirci uno sguardo sulle collane editoriali, e poi sa dirci se esiste un lettore ideale?


La nostra collana principale si chiama Alianti. Narrativa, ma anche poesia. Spaziando tra i generi. L’importante è considerarli libri che possano volare da soli, dopo che il nostro motore li ha portati alla quota dove avrebbero potuto trovare i venti giusti per loro. Il nostro lettore ideale è qualsiasi lettore attento e curioso, esigente e aperto. Spesso diverso per ogni libro, o per ogni ‘famiglia’ di libri.


AlmaPoesia è una realtà che si occupa in particolar modo di poesia e non posso esimermi dal chiedere cosa porta una casa editrice a sostenere un’operazione complessa e particolare come quella del Quaderno italiano di poesia contemporanea. È appena stato dato alle stampe il XVI e presenta poesie di sette giovani autori. Qual è l’obiettivo di questo lavoro? Che tipo di orientamento, Marcos y Marcos, crede abbia la poesia?


Siamo nati con un piccolo libro di poesia, e non l’abbiamo mai lasciata indietro. Fabio Pusterla e Umberto Fiori vengono da qui. Il Quaderno è una creatura per cui ringraziamo Franco Buffoni per l’origine, Massimo Gezzi per la resistenza e la continuità. È un laboratorio di cui andiamo orgogliosi, da cui sono usciti autori che si sono espressi in vari ambiti. Sempre con autorevolezza. Spesso come poeti, ma non solo. L’editore è chiamato a un lavoro culturale che può esprimersi in tanti modi, questo per noi è certamente uno dei più emblematici, perché da spazio a una selezione di poeti emergenti. Dietro ogni pubblicazione c’è un lavoro enorme, accuratissimo. E i risultati, come dicevo, si vedono. Non dal punto di vista economico, certo; ma il bilancio di un editore non si fa mai su un singolo libro.


Marcos y Marcos e la comunicazione, la sua gestione: quanto e in che modo la promozione ricade sull’autore oggi mentre in passato, in assenza di supporti digitali, era demandata interamente alla casa editrice?


Questa domanda mi stupisce. La comunicazione era ed sempre responsabilità della casa editrice, almeno in Marcos y Marcos. Noi anzi scoraggiamo sempre gli autori dal farsi autopromozione. Il caso del Quaderno da questo punto di vista fa un po’ a sé; nasce come un laboratorio aperto, ed è bello che in quanto tale abbia o crei un suo circuito. Ma persino in questo caso, chiaramente con le sue particolarità, facciamo la nostra parte.

Marcos y Marcos e la rete, con tutti gli aspetti ad essa connessi: blog, social media, riviste digitali, per citarne alcuni: sarebbe interessante conoscere l’impatto sui testi, ma anche sulle vendite e sulla diffusione del libro. Quali i vantaggi e quali gli svantaggi? Quanto e in che modo la casa editrice usufruisce di questi spazi?


La rete è il nuovo passaparola. Pieno di insidie: la principale è quella della pubblicità occulta. Molti influencer, come è noto, si fanno pagare. Al di là di questo, si possono sviluppare progetti molto belli, parlando direttamente o indirettamente ai lettori. Come sempre è l’uso che si fa degli strumenti a caratterizzarli. Gli spazi vanno sempre creati e mantenuti. Difendendo sempre lo spazio per l’approfondimento, che sui social apparentemente manca, ma incredibilmente non è così. Io stessa partecipo spetto a gruppi di lettura molto interessanti che sono magari occasionati dai social. Oppure leggo articoli di grande spessore in cui non mi sarei imbattuta diversamente.


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