Gli inediti di Nataša Sardžoska
Nella pubblicazione Nous sommes tous des cannibales (Seuil 2013) l’antropologo Claude Lévi-Strauss riconosce alla società occidentale contemporanea una spiccata proprietà antropofaga, dal momento che l’avvicinamento all’altro e la consecutiva volontà di farlo proprio passa per un’introiezione, reale o figurata, dello stesso. I versi di Sardžoska, creando un’identificazione dell’io con oggetti o costruendo situazioni nelle quali la compresenza io-tu può fare ritorno, cercano di ricostruire il ponte tra sé e il non sé, a cui spetta il ruolo di oggetto d’amore. Il corpo che si protrae per poi ritrarsi diventa, in questi inediti, la rappresentazione tangibile di un’attesa sofferta e in continua potenza, il cui atto è rimandato a un’esistenza forse incapace di compiersi. Eppure Sardžoska, ancorandosi alle cose e agli spazi, riesce a tenere salde le redini del suo percorso di ricerca e a fare del vuoto che resta sostanza sufficiente per tenere a bada la fame d’amore.
L’acqua che tu bevi
vorrei essere l’acqua che tu bevi
mentre lavori mentre ti svegli da solo
nella notte impaurito dai sogni che non sono tuoi
mentre viaggi da un punto all’altro della città
che non hai voluto abitare mentre prendi fiato
dopo i corpi che hai lasciato dietro
i tuoi movimenti: che non hai voluto abitare
vorrei almeno per un attimo essere
l’acqua che ti bagna le labbra assetate
la pelle la pioggia scoppiata dalla nuvola
pesante dei tuoi cieli cupi
l’acqua che ti dona l’allegria del deserto
che ti porta il giorno e la memoria
vorrei tanto essere così trasparente e vitale
così indispensabile: per te.
Acquaforte
bisogna spietrificarsi
ridurre l’inganno
alla sua nullità
dare la possibilità
al foglio di erba
di crescere nella sua innocenza
soffiato dal vento
senza origine
senza direzione
incidersi il sogno nell’ordine
portarsi dove la vita
non aspetta di essere vissuta
dove ci sarà un’onda leggera
che pulisce tutti i dubbi e gli abissi
dove traslocare senza bagagli
e vivere: vivere la vita per cui
noi due siamo nati
la vita dove potremo nascere
anche dal niente
Mentre ti aspetto
ti aspetto
e aspetto mentre ti aspetto
e mentre ti aspetto mordo la lingua:
ne sangue esce: quindi sono ancora viva.
mentre ti aspetto leggo libri in fretta
mi distraggo e moltiplico l’amarezza
del caffè l’oscurità del vino
e il mondo che ci affoga
nella stanza ho accarezzato
il piede che hai amato tu. scritto
libri con la furia di terrorista suicida
convinto che il suo ultimo giorno
è il prezzo della gloria. giocato
a pallamano con i miei nervi lacerati
i bicchieri le tue parole il tuo onore. mi
perdonerai: ho scritto versi inzuppati
di sangue di lacrime di saliva. ascoltato
discorsi futili dei camerieri
che mi portavano il resto
di noi del mondo
di te i resti in me restati. ascoltato
vecchi cd dell’epoca quando non
pensavo che miles davies potesse così bene
accompagnare questa maledetta solitudine
e che tu potessi esistere. invece:
non esisti mentre ti aspetto.
*
ti aspetto e mentre ti aspetto
ho letto libri di cui non ricordo nulla
sennò che l’essere si nutre di sangue
e di menzogne finché non si sveglia
e abbraccia la verità e il sangue vero e puro.
ho guidato bici che mi avevi regalato tu
per allontanarmi da ogni malattia
da ogni tempesta. mi sono masturbata
chiuse le persiane chiuso il cuore: non ti
ho tradito. mai.
ho camminato nel tuo sogno senza reggiseno
per le strade della tua libertà in catene
volato nel tuo cielo in gabbia
ho gridato nel bosco e non ho mangiato nulla
ho bevuto le grappe dei mendicanti e dei vagabondi
mi sono appesa alla finestra visto la la land
ascoltato lucio battisti sfogliato pasolini
con molta tristezza di averlo fatto
senza di te: ho parlato senza ragione
senza religione. ho battuto la testa contro il muro
al chiodo ho appeso le tue parole e
in silenzio solo sola ho fatto il patto con te:
ho nuotato dove i pesci sapevano di noi
ho rovesciato le tue leggi e imputazioni
sono salita all’albero della tua camera da letto
ho provato a saltare e a stendermi accanto a te
come l’aria
sparsa
e apparsa
sopra il ponte cavour:
ma ho rubato le tue notti
e mi sono lanciata
nel vuoto
Il nostro letto
in questo letto abbiamo
vissuto solitudini in due
in questo letto abbiamo dormito
io con le tue pressioni
tu con le mie passioni
davanti a questo specchio
ci siamo guardati:
tu con il mio ardore
io con il tuo timore
Amanti senza testimoni
è arrivata la morte
la sorniona amante dell’autunno
però noi ecco noi
non siamo esistiti da nessuna parte
e nessuno potrà mai testimoniare il
nostro amore perché
ci siamo abituati a vivere
l’uno senza l’altra
nell’assenza gelida
delle parole scritte
solo per sopravvivere
ci siamo abituati ad aspettarci
alla fine della linea dell’ultima fermata
a non chiedere che ci aprano la porta
(perché non scenderemo mai
perché non andremo mai
da nessuna parte)
a non bussare più alle camere
dove (sappiamo)
non dormiremo
mai più
Nataša Sardžoska (Skopje, 1979) poeta, scrittrice, traduttrice, antropologa macedone, ha vissuto a Parigi, Brussels, Milano, Perpignan, Stoccarda e Lisbona. Ha pubblicato le raccolte di poesie: La camera azzurra, Pelle, Lui mi ha tirata con un filo invisible, Acqua vivente, Osso sacro, saggi in riviste internazionali e racconti nell’edizione Stupore. Il suo libro Pelle è stato pubblicato negli Stati Uniti e in Italia e Osso sacro in Italia e Kosovo. La sua poesia Marionetta è stata pubblicata nell’Antologia internazionale in spagnolo e in inglese contro l’abuso di minori. Ha partecipato a vari festival tra cui Ars Poetica a Bratislava, Poesiefestival a Berlino, Parole Spalancate a Genova e il Festival Sha’ar a Tel Aviv. Si è esibita al Palazzo Ducale a Genova, al Teatro arabo-giudeo Yaffa a Tel Aviv, nell’Accademia delle Belle Arti a Berlino, nella Galleria d’arte moderna a Bratislava, nella Biblioteca nazionale di Sofia, nel Centro Culturale di Belgrado e nel Museo Revoltella a Trieste. È la prima e unica traduttrice di Pasolini e Saramago, oltre di tanti altri, in Macedonia.
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