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Immagine del redattoreAlessandra Corbetta

Gli inediti**di Gianluca Ceccato

Emerge un dolore profondissimo da questi inediti di Gianluca Ceccato, un dolore radicale sia perché presentato come originario sia perché strettamente correlato alle figure della famiglia e al percorso che dall’infanzia conduce verso l’età adulta. Ceccato, in preda a un tremore che sembra non conoscere sosta, trasla sugli oggetti e sulle singole parti del corpo la paura della perdita, come se la concretezza della materia fosse in grado di ridurre il rischio dell’assenza; la parola, poi, assurge vetta altissima, poiché è a essa che l’autore attribuisce una capacità di ricongiungimento, non riscontrabile altrove, tra il prima e dopo: il dire, lo scrivere, il fare poesia diventano nei testi qui proposti un attributo sensoriale aggiunto, capace di ampliare la percezione sul mondo e di lenire la sofferenza atavica che ci sorprende ogni qualvolta rammentiamo di non potere tornare neonati nelle braccia di nostra madre.


Tremare è come mordere la fede

di un luogo senza nome dietro

a muscoli, organi e ossa,

dove restare è comunque

attraversare le umide mattine,

brevi ruote del tempo.


*


Procreare carne viva rimuta il clamore del primo cancello,

quello in cui fummo fratelli desiderati,

madri scomparse, padri raffermi al latte dei giorni,

d’ora in ora acido conservatore ai canali delle mani che due sono, soltanto due,

la destra all’invisibile, la sinistra alla carezza che ci fa bambini la sera,

quando ancora nuotavi e il vento ti respirava la schiena dalle stanche lotte.


*


Vorrei dirti:


Ho ritagliato me stesso, una volta al petto, poi dritto allo specchio,

lì dove non mi vedo giovane ma putrido vecchio,

un orecchio alla veranda, un braccio al corpo della notte,

la sua mano a guardare il buio,

dove l’ascolto non è altro che interminabile parola, insostenibile attesa.


*


Ti dico:


Su una collina il funerale, una famiglia al dirupo, poi dritti a casa,

lì dove non si declama il verbo ma marcia frase, un cucchiaio a scavare gli aggettivi,

un puzzo a demarcare il lutto, la sua scia a detonare le discussioni,

dove domani e sempre ci sarà un inutile vanto, ovvero la santa pretesa di avere una logica nel dolore,

associare termine a parola, sputare la grammatica agli sconosciuti.


*


Lasciatemi così

a dispiegare l’avvenire,

aggrappato alle costole

di mia madre,

solo e sconfitto

alle voglie dell’alba.


Lasciatemi così

a ricongiungere i punti,

martoriato alle mani

di nero inchiostro,

defunto neonato

alle porte del domani.


** Questi testi, giunti ad Alma Poesia come inediti, sono poi confluiti nella pubblicazione Orfani (Placebook, 2021)


Gianluca Ceccato nasce il 6 maggio 1997 a Latisana (UD); attualmente vive e studia a Padova. Fin dalla tenera età si appassiona alla poesia partecipando a vari reading tra Pordenone e Udine. Dal 2017 collabora con il sito Brakhu come curatore di una rubrica poetica dal nome “Suburbana” dove racconta la storia d’amore e odio in versi tra verde e urbano. Le sue poesie sono presenti su riviste online come Altrove, Il Visionario, Inverso, Poetry Factory, Poeticous, Typee, Open edizioni, Poeti Oggi e in numerose antologie tra le quali Poeti Contemporanei edita da Aletti editore, IoPartecipo edita da Dibuono edizioni e Quadernetti poetici edita da Sifaperfardelbene edizioni. Nel 2019 è finalista del Premio Tiburtino con la poesia Una Notte. Nel 2021 è uscita la sua prima raccolta poetica dal titolo La Carne dei Muti.

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