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Immagine del redattoreAlessandra Corbetta

Editoriale Poesia & Rete (appuntamento n°6)

Continua, con questo sesto incontro, l'editoriale su Poesia & Rete, a cura di Alessandra Corbetta, un progetto trasversale alle pubblicazioni del blog che prova a monitorare, attraverso interventi di diversa natura, lo stato delle interrelazioni tra il linguaggio poetico e le dinamiche del Web.


Chi volesse segnalarci studi o ricerche su questo argomento o desiderasse contribuire ad arricchire con competenza il dibattito, può farlo scrivendo a redazione@almapoesia.it, specificando in oggetto “Editoriale Poesia & Rete”; tutto il materiale pervenuto verrà sottoposto a lettura e quello ritenuto più interessante e valevole verrà proposto all’interno del progetto.


Ospite di oggi è Bartolomeo Bellanova, che ci dona qualche spunto di riflessione sul tema in oggetto.


Un fenomeno globale e ormai entrato in ogni gesto quotidiano come la rete non credo si possa prestare a semplificazioni che, da un lato, mettono in risalto i soli connotati positivi, le magnifiche sorti e progressive della connessione universale, e dall’altro, ne evidenziano la negatività spesso con toni da scomunica. Entrambi tali opposti atteggiamenti prestano il fianco a critiche e contengono spesso al loro interno contraddizioni irrisolte. Ciò vale anche per il rapporto tra poesia e rete. Gli aspetti positivi, a mio parere, sono rappresentati soprattutto dalla facilità nella ricerca dei contenuti e nella loro fruibilità, prevalentemente gratuita, per tutti. Se da un motore di ricerca imposto il nome di un grande poeta del passato o contemporaneo, per esempio, della Nuova Zelanda, tramite siti, traduzioni in diverse lingue e link ad altre pagine riuscirò, probabilmente in poche ore, a farmi un’idea di massima della sua produzione artistica. Potrò inoltre, facendo ricerche nei testi per parole chiave usate dallo stesso, metterlo a confronto con altre voci geograficamente o temporalmente lontane, ma con le quali ho percepito assonanze nella versificazione o nei temi. Prima dell’avvento della rete una simile ricerca avrebbe comportato tempi lunghi con la necessaria consultazione di testi in biblioteche o librerie, con il loro corollario di fotocopie o appunti scritti a mano. Tanti si sarebbero sconfortati ad affrontare un simile lavoro e avrebbero rinunciato per mancanza di tempo o di approfondite conoscenze specifiche. Democratizzare e rendere accessibili i contenuti non significa rinunciare ad approfondire gli stessi con l’ausilio di testi cartacei, ma dare la possibilità a tutti di iniziare uno studio o un cammino di apprendimento, precedentemente precluso ai più.

La diffusione della rete ha permesso la nascita di riviste letterarie a libera e gratuita diffusione, spazi all'interno dei quali si propongono autori, si fanno recensioni, riflessioni, interviste e traduzioni. La sostituzione e/o l'affiancamento di queste riviste alla forma cartacea ha consentito di svincolarsi dalla necessità di finanziamenti per la stampa e la diffusione, di svincolarsi da appartenenze e padrini o padroni politico finanziari più o meno ingombranti.

La messaggistica diretta e plurima permessa dall’utilizzo dei social e la piazza virtuale di Facebook hanno consentito anche una più capillare diffusione degli appuntamenti relativi a incontri, letture e presentazioni di testi grazie alla possibilità di raggiungere in pochi click un numero elevato di persone potenzialmente interessate. Sembra ora di ricordare un’altra era quando si apprendeva, spesso casualmente, degli eventi poetici solamente da locandine appese in librerie o biblioteche o dai quotidiani con qualche trafiletto nelle pagine della cultura.

Discorso molto diverso è quello della poesia postata sui social, che si identifica nella maggior parte dei casi, nella cosiddetta Instapoetry, poesia espressa o poesia istantanea. Un animo sensibile che osserva un bellissimo tramonto sul mare o il sole a picco dietro a un laghetto alpino e posta un pensiero poetico scritto sul momento insieme alla relativa foto, può considerarsi poesia?

L’immediatezza, il fulmine dell’ispirazione sono importanti per dare uno scheletro a un componimento poetico, ma necessitano, in un momento successivo di un lavoro di ricerca del sostantivo più appropriato, della valutazione di eventuali sinonimi e tanto altro fino a una prima stesura di un testo e, nel caso, alla sua riscrittura fino al momento in cui la voce attraversa fluida i versi.

La pubblicazione quasi immediata dopo la scrittura su un piccolo schermo di telefono o tablet non consente tutto questo e limita anche la possibilità di gestire gli spazi bianchi e la disposizione stessa di ogni parola, che all’interno della tavolozza della pagina diventano parte integrante della poesia, indicazioni di pause e pietre d’inciampo della voce, che l’autore vuole comunicare ai propri lettori non fisicamente presenti.

Il fenomeno dell’Instapoetry è lievitato in modo esponenziale negli ultimi anni con annessi copia / incolla più o meno consapevoli e relative accuse e controaccuse di plagio: ciò ha provocato il livellamento al basso dei testi in forma e contenuto.

Probabilmente, se si progettasse un evoluto algoritmo che leggesse contemporaneamente migliaia di poesie in rete suddivise per macro temi, si riuscirebbe a elaborare automaticamente una serie innumerevole di poesie senza un autore umano in carne e ossa, oppure un unico testo poetico “benchmark”, un testo-tipo che rappresenti lo stereotipo comune di sentimenti quali l’amore, la passione, l’abbandono ecc … Sarebbe la morte della poesia, la sua definitiva trasformazione in un prodotto di consumo di massa

La poesia necessita di un’elaborazione interiore, di sedimentare all’interno del poeta prima di poter prendere il mare aperto, è un parto più o meno complesso e doloroso di cui bisogna essere del tutto consapevoli perché il poeta snuda se stesso davanti al mondo e resta senza difese, lo sa e lo accetta perché è inscindibile dall’essere tale. Mi meraviglia quindi che questo processo di nascita possa essere quotidiano, come i pensieri del calendario filosofico per ogni giorno dell’anno.

Sui social vengono pubblicati anche testi significativi, meritevoli di essere letti, riletti ed apprezzati: sarebbe profondamente ingiusto non cercare di dare all’autore uno spazio ed un risalto adeguato. In questi non rari casi il pericolo è quello che si smarriscano e vengano voracemente e velocemente macinati dallo scorrimento delle pagine e dei post. Mi spaurisce pensare che tutta questa immensa e indistinta produzione poetica finisca all’interno dell’immenso cloud, dentro la rete di server remoti ubicati in tutto il mondo, che operano collegati tra loro come in un unico sistema universale. Basta un incidente, un black out, un attacco hacker e precipita tutto nel pozzo nero del sistema binario dei circuiti.

La poesia ha bisogno di restare voce, di colpirci, di essere tramandata di voce in voce come attorno ai fuochi di bivacco prima dell’avvento della scrittura. Solo così potrà sopravvivere fino a che l’ultimo uomo non sarà diventato umanoide programmabile da intelligenze artificiali.


Bartolomeo Bellanova


Bartolomeo Bellanova nasce a Bologna nel 1965, pubblica i romanzi La fuga e il risveglio (Albatros Il Filo 2009) e Ogni lacrima è degna (In.Edit 2012). Partecipata ad antologie poetiche tra cui Sotto il cielo di Lampedusa - Annegati da respingimento (Rayuela 2014) e Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola (Rayuela 2015). Fa parte della redazione della rivista culturale lamacchinasognante.com. Ha pubblicato la raccolta poetica A perdicuore – Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus 2015). É uno dei curatori dell’antologia Muovimenti – Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi 2016). Ha pubblicato la silloge poetica Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi 2017) e il suo terzo romanzo La storia scartata (Terre d’Ulivi 2018). Recentemente pubblicata la raccolta poetica Diramazioni (Ensemble 2021).

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