Editoriale Poesia & Rete (appuntamento n°5, seconda parte)
Ecco la seconda parte dell'intervista a Davide Castiglione, che continua il dialogo iniziato nel precedente appuntamento e che potete legge qui: https://www.almapoesia.it/post/editoriale-poesia-rete-appuntamento-n-5-prima-parte
Proseguendo con l’analisi del tuo articolo, tu arrivi a proporre un’operazione di “recensione” degli stessi blog, non solo per evidenziare le differenze tra l’uno e l’altro, ma anche per orientare il potenziale o affezionato lettore. Perché una procedura di questo tipo, secondo te, non è ancora stata realizzata in maniera metodica? Credi che possa in qualche modo interferire con la promessa della “libertà di espressione” fattaci dalla Rete?
Sì, mi ritrovo ancora in quella proposta, credo che un lavoro di mappatura delle realtà che si occupano della diffusione della poesia, in rete ma anche sul cartaceo, rimanga utile. Eppure, a nove anni dal mio articolo, questo lavoro non è stato ancora nemmeno iniziato. Perché? Ci sono due ordini di fattori, secondo me. Il primo è che le varie realtà sono potenzialmente in competizione fra loro, perché spesso non abbastanza differenziate nell’offerta. Questo rende problematico recensire gli altri spazi: da un lato gli si darebbe visibilità senza averne nulla in cambio, dall’altro ogni critica potrebbe essere ricondotta a invidia o a voglia di prevalere sugli avversari. Se voglio farmi un’idea sulle vetture BMW non interpellerò certo il quartier generale della Mercedes, e viceversa.
È possibile uscire da una logica potenzialmente di competizione e unire le forze, collegando fra loro le redazioni dei vari spazi, fare fronte comune? Secondo me sì, ma in uno spazio terzo, neutrale, che non produca nuovi contenuti ma solo “meta-contenuti”, insomma che raccolga e coordini l’esistente. Un prototipo embrionale di questo spazio esisteva e si chiamava «PoeCast», a cura di Vincenzo della Mea: un aggregatore poetico che, di giorno in giorno, forniva un bollettino delle pubblicazioni raccogliendole da vari siti (questo articolo, scritto dallo stesso della Mea e datato 2007, approfondisce gli scopi e il funzionamento di questo strumento). Purtroppo «PoeCast» non sembra più accessibile. Mi scrive della Mea:
PoeCast è sempre lì ma vedo che in questo momento non funziona, probabilmente si è di nuovo saturato il database. In realtà è da anni che dal punto di vista del software è abbandonato, non l’ho aggiornato, ed è anche da tempo che non aggiungo / tolgo siti; inoltre non è molto compatibile con la GDPR [General Data Protection Regulation]»
A queste evidenze tecniche, de Mea aggiunge considerazioni interessanti che tratteggiano tanto un’evoluzione del web che renderebbe obsoleto o non utile come un tempo l’aggregatore:
la ragione [per non aver aggiornato PoeCast, n.d.r] è che mi pareva fosse ormai meno utile che un tempo, meno visitatori, meno produttori di contenuti... A me pare che ci sia stata una evoluzione con la quale, dopo un relativamente breve e spumeggiante periodo di blog (intesi come strumento prima di tutto personale), si sia tornati ad una forma più vicina alla rivista tradizionale, ma con la comodità del web. Con, anche, una conseguente riduzione del bacino di siti.
Benché sia verissimo che la forma rivista online sia tornata in auge, non credo di poter essere d’accordo sulla «riduzione del bacino di siti»: la stessa necessità, o possibilità, di censire gli spazi esistenti, punta piuttosto a una loro vivace proliferazione. Lo spazio che immagino non solo ripristinerebbe il servizio offerto da «PoeCast», ma presenterebbe e recensirebbe una buona parte degli spazi e delle riviste dedicati alla poesia; penso a una società o network, dove ogni spazio abbia una propria pagina di presentazione, scritta dalle rispettive redazioni ma uniformata nella struttura, per esempio così: 1. Storia, 2. Scopi, 3. Rubriche e iniziative, 4. Redazione e contatti. Queste auto-presentazioni potrebbero essere arricchite da recensioni e panoramiche di ogni spazio a cura di membri di una redazione terza, esenti da conflitti d’interesse (non redattori o collaboratori dello spazio da recensire, quindi). Un modo per fare il punto, in maniera ragionata e a cadenza magari mensile o bimensile, sulle pubblicazioni, sulle iniziative e sui dibattiti più interessanti in corso.
Il sito potrebbe anche, tramite un forum comune, agevolare le partership fra siti particolarmente simili o complementari, permettendo alle redazioni o loro rappresentanti di unire le forze per l’organizzazione di festival, eventi, premi di poesia e altro. Gli stessi festival, premi di poesia e residenze per scrittori potrebbero essere utilmente censiti, per orientare tanto gli autori che si stanno affacciando per la prima volta sul mondo della poesia, quanto autori di più lungo corso ma magari non abbastanza al corrente delle opportunità disponibili. Sarebbe inoltre utile rendere disponibili dati percentuali sulla proporzione delle proposte accettate (una maniera per rivendicare la presenza di filtri e indirettamente aumentare il livello delle proposte), nonché sul traffico e sul numero di follower sui social, come qui, anche se il rischio per questi ultimi parametri potrebbe essere quello di incoraggiare contenuti click-bait o modalità di divulgazione che potrebbero far torto allo specifico letterario. Infine, sarebbe auspicabile dotare il sito di un sistema automatico per l’invio, il salvataggio e la tracciabilità delle proprie opere alle diverse redazioni, utilizzando una piattaforma come «Submittable», come già fanno numerose riviste anglosassoni.
Il tuo contributo si conclude con un elenco di mancanze, che riporto qui sinteticamente: mancanza di concentrazione a causa dell’overload quantitativo (Giovanni Boccia Artieri, tra gli altri, aveva efficacemente parlato di criticità della Rete legata alla sovrabbondanza di significati e non alla mancanza degli stessi, come spesso invece viene erroneamente sostenuto); mancanza di interesse per le poesie a favore di uno spropositato interesse per autrici e autori; mancanza di una connessione, tra i siti e blog esistenti, tra piano dell’espressione e piano dell’intenzione e della rilevanza; mancanza di un terreno comune tra mainstream e scritture sperimentali, tra pubblico generalista e pubblico esperto; mancanza della divulgazione di testi stranieri. Premesso che ti rinviterò per approfondire ciascuno di questi aspetti, ti chiedo adesso: da dove derivano queste mancanze e come potrebbe essere possibile farle venire meno?
Cerco di procedere con ordine, anche perché le risposte alle domande precedenti credo spieghino in parte da dove hanno origine le mancanze che elenchi, perché perdurano, e come potrebbero essere superate. Per quanto riguarda l’overload quantitativo, l’impegno da parte delle redazioni a essere più esigenti in quel che si pubblica (magari facendo scendere le pubblicazioni per sito a una o due a settimana, come già fa «Formavera») e la presenza di un sito che segnali e raccolga in un solo spazio i contributi usciti negli altri, come quello descritto nella risposta alla domanda precedente, credo possano contribuire a una decrescita felice; noi stessi autori, da parte nostra, dovremmo forse imparare che è controproducente, alla lunga, sovraesporsi. Se le poesie che scriviamo valgono e hanno un impatto, allora quattro, cinque apparizioni “di peso” all’anno, possibilmente accompagnate da una nota (altro problema: spesso le redazioni si limitano a copia-incollare il materiale inviato dall’autore, senza inquadrarlo criticamente, e dunque smaterializzandosi, come dicevo nella risposta alla prima domanda) dovrebbero fare breccia nei lettori senza nausearli, e soprattutto senza togliere spazio ad altri che lo meriterebbero quanto se non più di noi. I lettori potranno poi, per conto proprio, approfondire ciò che facciamo nei nostri siti e blog personali (è una buona idea, credo, aprirsi un proprio sito in cui archiviare i materiali che ci riguardano). Un’altra soluzione è quella di concentrare in un periodo ristretto le pubblicazioni di e su un dato autore (per questo aiuterebbe un coordinamento fra i vari spazi, al fine di non sovrapporsi), permettendo così ai lettori di abituarsi alle voci emergenti tramite un percorso di approfondimento che duri quattro-cinque giorni di fila, come una mini-monografia. Credo questa sia una buona strategia, per esempio, per lanciare un nuovo libro.
L’obiezione più forte, a questo punto, e in parte già anticipata nella tua domanda, è che io stia tentando di snaturare la democraticità di un mezzo come internet, che intrinsecamente è portato all’overload, all’orizzontalità, alla proliferazione, al diritto di tutti di esprimersi ed esserci. A questa obiezione rispondo che il mezzo è uno strumento, e dipende quindi dal nostro utilizzo: se è vero che mezzi diversi hanno diverse potenzialità e limiti intrinseci, è anche vero che noi non dobbiamo passivamente assecondarne le derive, ma possiamo farne un uso virtuoso anche a costo di pagare un prezzo iniziale in termini di traffico, ma forse non di fidelizzazione del pubblico. Mi si obietterà inoltre che gli scriventi con qualche potenziale merito in Italia sono migliaia, e che il moltiplicarsi degli spazi dedicati alla poesia e la loro assiduità nel proporre testi è semplicemente conseguenza di una situazione in cui domanda e offerta, pubblico e produttori coincidono. Però è sotto gli occhi di tutti il fatto che la qualità media sia bassa, e che gli autori e autrici davvero interessanti non superino probabilmente il centinaio (e quelli che davvero contano o conteranno, poche decine): è a questi che occorre dare maggior spazio, ed è per questo che un dibattito sulla qualità di un’opera è urgente, il tipico esempio di elefante nella stanza. Chiaramente, è fisiologico che nasceranno altri spazi per soddisfare l’offerta di testi in eccesso, ma questi faticheranno a imporsi se tale offerta non sarà allo stesso livello di quella degli spazi già affermati, o non abbastanza differenziata da essi.
La mancanza di interesse per i testi a scapito dell’interesse per il nome è un epifenomeno del protagonismo e dell’individualismo imperanti oggi, eppure qualche sporadica iniziativa che si oppone a questa china c’è: di recente è stata fondata «Minima Poesia», una rivista online gestita da redattori che hanno scelto di restare anonimi, e che dà la possibilità – non l’obbligo! – a chi invia i propri lavori di poterlo fare altrettanto anonimamente. Va in una direzione simile anche la scelta di un critico importante, Berardinelli, che nel compilare un’antologia delle poesie uscite nel 2016 per Elliot edizioni ha omesso i nomi degli autori dalla pagina dov’è stampato il testo, segnalando la paternità delle opere solo in fondo al volume; oppure ancora, la scelta editoriale di Pietre Vive Editore, che riporta il nome dell’autore sulla costa del libro ma non in copertina. Sono segnali piccoli ma incoraggianti, perché presuppongono l’immaginare un lettore che voglia semplicemente attraversare i testi, com’è giusto che sia, senza essere indebitamente orientato dalle aspettative nei confronti di, o dalla riverenza dovuta a, certi autori – spesso neppure per la loro produzione precedente, ma per la loro rappresentazione social o il generico prestigio (o mancanza di) con cui essi vengono percepiti. Un altro mezzo per riportare i testi al centro sarebbe l’istituzione di laboratori permanenti di lettura e discussione, sia online che dal vivo, che si affiancheranno alle più classiche presentazioni o ai reading, nei quali reciprocità e dialogicità sono intrinsecamente inibite.
Per quanto riguarda la scollatura fra i testi proposti e la “filosofia” o direzione ideale che dovrebbe essere condivisa dai membri di una redazione – sul modello delle riviste novecentesche –, l’antidoto sarebbe una maggior quota di consapevolezza critica (vd. la risposta alla domanda sul ruolo della critica), oppure una più esplicita biforcazione degli spazi online fra generalisti e specialisti: etichette che non vogliono essere giudizi di valore, ma semplicemente rimandare a diversi pubblici di riferimento, a seconda che il fine sia quello di portare avanti una certa poetica (come fanno esplicitamente «GAMMM» e «Formavera») oppure divulgare la poesia nella sua varietà (ma appunto nella sua vera varietà, cioè dando spazio anche a paradigmi non-lirici). Se uno spazio online si specializza in un certo tipo di pubblicazioni, allora il suo pubblico sarà magari più ristretto ma anche più fedele, portando nei casi migliori al formarsi di una vera e propria micro-comunità – il cui rovescio della medaglia è il probabile sorgere di manierismo, imitazione, attitudini di chiusura, contro le quali occorre restare in guardia.
La mancanza di terreno comune fra scritture mainstream e sperimentali credo rifletta proprio questo poco confronto sia all’interno di ogni spazio sia fra i vari spazi. Servirebbero figure trasversali, ponti o messaggeri, in grado di mettere a contatto le due sponde; servirebbe organizzare incontri che mettano insieme queste diverse anime del fare poetico; occorre addirittura prendere atto che spesso queste categorie sono di comodo, riflettendo più affiliazioni extra-letterarie che la presenza di poetiche effettivamente comuni. Per esempio, come mi faceva notare Guido Mazzoni, scritture come la sua e quella di Gherardo Bortolotti sono in qualche modo imparentate, assai più di quanto lascino intendere gli schieramenti di campo, per cui Bortolotti sarebbe un autore di ricerca e Mazzoni no. Servirebbe maggiore attenzione, da parte dei siti generalisti, verso l’universo delle scritture devianti, non allineate; al tempo stesso, la ricerca letteraria dovrebbe smettere l’atteggiamento agguerritamente antagonista legato alle avanguardie, e dire se intende negare ogni valore e legittimità alle scritture, diciamo così, liriche, come quelle di alcuni dei poeti oggi più affermati, come De Angelis, Anedda o Fiori. Oppure, per dirla con Sereni, che «scoppi la sacrosanta rissa»: se le poetiche di fondo, e perfino le ontologie di riferimento sono incompossibili (questo è il sospetto di chi scrive, in accordo con quanto sostiene Francesco Antonio Perozzi qui) allora vale molto di più scoprire le rispettive carte.
L’altra scollatura, quella tra pubblico generalista e pubblico di esperti o addetti ai lavori, credo sia più difficile da sanare: da un lato manca proprio, nell’accademia italiana, l’attitudine alla divulgazione (ho discusso di questi e altri temi di recente con Adriano Cataldo, in una intervista per la rubrica radiofonica «Il pubblico della poesia» che sarà disponibile dal 17 novembre in poi); dall’altro il pubblico generalista è da tempo insensibile alla poesia nel suo complesso: le ragioni sono state perlopiù imputate alla poesia stessa, sempre più autoreferenziale, o all’istruzione scolastica, che non incoraggia il piacere alla lettura del testo poetico; ci sono però altri fattori, per esempio il fatto che le attitudini mentali per apprezzare una poesia, ovvero una forma di concentrazione fenomenologica scaturita da esigenze di ordine esistenziale, siano sempre più difficili da coltivare nel mondo odierno, dove la sovrabbondanza di stimoli e la riduzione del livello di attenzione sacrificano tutto quanto va lentamente abitato per poter essere compreso. Occorre comunque sperimentare nuovi modi per attirare l’attenzione di questo pubblico potenziale: a Pavia Dario Bertini da molti anni cura un’iniziativa, «Poeti al tavolino», in cui a cadenza mensile vengono letti grandi autori, spesso anche stranieri, letture a cui fa seguito un open mic; Adriano Cataldo ha messo in musica elettronica molte poesie di Montale; tu stessa, Alessandra, sei molto attiva nello sdoganare la poesia su media non tradizionalmente associati a quest’arte, come la televisione (la tua rubrica «Poetando sul sofà» su Rete55) o le dirette su Instagram. Vincendo alcune resistenze interne, anche io ho deciso di aprire un canale YouTube, anche se devo ancora trovare il modo di conciliare il tipo di fruizione richiesto dalla poesia (poco prima parlavo di concentrazione fenomenologica) e la natura intrinsecamente spettacolarizzante del medium utilizzato.
Un altro punto di criticità riguarda la poca divulgazione di testi stranieri: su questo pesa sicuramente il fatto che la traduzione in Italia non possa, che io sappia, appoggiarsi a enti finanziatori pubblici quali invece si trovano in altri paesi – ti faccio l’esempio della Lituania, dove vivo: un paese grande quanto una regione italiana, ma molto attivo nel coltivare la traduzione letteraria, con premi per traduttori e fondi a loro disposizione. Quindi gli spazi virtuali, recependo l’esistente, non fanno altro che riflettere lo stesso problema. A dire la verità oggi la situazione mi appare un po’ migliore di qualche anno fa, perché nel frattempo sono nati spazi come «Lay0ut» che hanno una rubrica appositamente dedicata alla traduzione, così come «Medium Poesia» con la rubrica «Poesia dell’altrove», e forse in maniera più sporadica testi di autori stranieri vengono ospitati su molti siti. Resta il fatto che è difficile farsi un’idea complessiva degli specifici nazionali delle varie letterature, motivo per cui una collaborazione più diretta con spazi stranieri (torna qui l’idea del grande network) potrebbe rivelarsi proficua.
Ecco, credo di aver risposto, al meglio delle mie forze e con un livello di articolazione che mi sembrava davvero inevitabile vista la complessità e la vastità delle domande, a tutti i punti che hai giustamente sollevato, Alessandra, visto che quel mio articolo di nove anni fa era fin troppo sintetico e metteva molta carne al fuoco senza cuocerla a dovere. Resto comunque disponibile ad altri approfondimenti e dialoghi, nell’augurio che almeno una di queste mie proposte non rimanga lettera morta, ma trovi il modo d’inverarsi in un progetto concreto e collettivo.
Davide Castiglione (Alessandria, 1985) è docente di materie letterarie e linguistiche all’Università di Vilnius in Lituania. Si è laureato a Pavia con una tesi su Vittorio Sereni traduttore da William Carlos Williams, e dottorato a Nottingham (Inghilterra) con una tesi sulla difficoltà nella poesia angloamericana, poi divenuta libro (Difficulty in Poetry: a Stylistic Model, Palgrave 2019). Ha inoltre all’attivo cinque articoli scientifici e un centinaio fra note e recensioni sulla poesia contemporanea, queste ultime raccolte sul sito Critica del testo poetico. È inoltre autore di due raccolte poetiche: Per ogni frazione (Campanotto, 2010, segnalazione Premio Montano 2011), e Non di fortuna (Italic Pequod 2017). Una terza raccolta, dal titolo Doveri di una costruzione, dovrebbe vedere la luce entro la fine del 2021.Sue poesie sono state pubblicate su varie antologie e riviste, sia online che cartacee, tra cui «Poesia» (con una nota di Maria Grazia Calandrone), «L’Ulisse», «Il Segnale», «Inchiostro», «Nuovi Argomenti», «Formavera», «Atelier», «Poesia del nostro tempo». È risultato vincitore al premio «Renato Giorgi» nel 2018 (sezione Cantiere) e nel 2020 (sezione Raccolta inedita), e al premio «Irene Ugolini Zolli» per la prefazione al volume Concerto per l’inizio del secolo, di Roberto Minardi (Arcipelago Itaca 2020), nonché finalista al Premio «Lorenzo Montano» per l’inedito (2018 e 2020), e finalista al premio «Poesia di strada», sempre per l’inedito (2020). Ulteriori informazioni si possono trovare sul suo sito personale.
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