Editoriale Alma Gender (appuntamento n°8)
Continuano le uscite di Alma Gender, volte a sondare la questione del gender in poesia.
Ricordiamo che chi volesse segnalarci studi o ricerche su questo argomento o desiderasse contribuire ad arricchire con competenza il dibattito, può farlo scrivendo a redazione@almapoesia.it, specificando in oggetto “Editoriale Alma Gender”; tutto il materiale pervenuto verrà sottoposto a lettura e quello ritenuto più interessante e valevole verrà proposto all’interno del progetto.
COMMENTO A BORDERLINE 2000. DIECI AUTRICI PER UN'ANTOLOGIA DELLA POESIA DI OGGI, A CURA DI DANIEL D. MARIN
Il senso del redigere un’antologia femminile si annoda sempre alla complessità dello scopo da raggiungere, non sempre così immediato nell’intercettazione da parte del fruitore. Per questo, nella prefazione a BorderLine 2000. Dieci autrici per un'antologia della poesia di oggi (Ratio et Revelatio, 2021), Daniel Marin mette subito in chiaro che tipo di panorama poetico ci offriranno le voci che ci apprestiamo a leggere e quale sia l’intento di questo corpus antologico: l’obiettivo è quello di aprire un ventaglio di poetesse distanti geograficamente e anagraficamente tra loro (compaiono in ordine di esordio poetesse di origine italiana e romena) e mostrare la pietra nuda, il nocciolo della propria identità poetica spogliata da etichette e sovrastrutture sociali, cosicché, «Di conseguenza, non possiamo più parlare di un’antologia al femminile, l’ennesima, bensì di un’antologia della poesia d’oggi». Lasciando che il lettore segua l’andamento delle voci proposte, senza un fil rouge che le accomuni dichiaratamente, si ha modo di apprezzare le eco sotterranee, le differenze, la dolcezza, il cinismo, l’uso del lessico e del ritmo declinati secondo la precipua natura poetica di ognuna. Questo permette davvero di avere a fine lettura uno sguardo che passa attraverso una finestra ritagliata nello scenario composito e multiforme della poesia contemporanea di cui la penna femminile, in quanto tale, è essenzialmente lo strumento e non il fine della fruizione.
Dice Sara Vergari nella postfazione: «Ancora una volta l’antologia, per sua natura intrinseca, ci rivela che la pluralità poetica di questi anni può parlare un linguaggio comune che esonda i confini del proprio Io per confinare sempre più con tutto». Così possiamo vedere come tramite Anedda entriamo in contatto con un senso di pacificazione con inevitabili ombre, espressa con il suo linguaggio sempre elegante e affilato: «Accetta questo silenzio: la parola stretta nel buio della gola come una / bestia irrigidita, come il / cinghiale imbalsamato che nei temporali di ottobre scintillava in cantina»; con Draghincescu, Cesereanu, Alleva e Prodan incontriamo durezze diverse eppure assonanti, con cui si tenta di rovesciare il mondo dall’interno, svelandolo o tentando di guarirlo: «il tram nasconde una ferita. / Si raduna molta gente, / i finestrini spuntano appena contorti dalle curve spigolose / una donna dietro di me conferma il sospetto: / “può darsi sia morto. sarà matta quella madre?”», «corpo a corpo / anima ad anima /qui c’è qualcosa che non funziona più in modo umano», «Così simile a te / doveva essere il mio amore, che ancora / una volta tornai a te, senza le chiavi.», «Mi trovo in un luogo dove i colori vivi / assumono una sfumatura sinistra e si mescolano. / In questo luogo non abita più nessuno.»; Stănescu denuda le attività quotidiane e l’intimità dei gesti vestendoli di immagini sorprendenti e svelando altre chiavi di lettura: «dicono le donne anziane, le zingare, i vicini / che quando / ha reso l’anima / dalla bocca le è sgorgata / dell’acqua, acqua, fontana / artesiana, / è rimasta là / in mezzo al giardino / Florina»; Calandrone e Leardini, entrano nel significato delle cose e ridisegnano la realtà poeticamente, attraverso un’emozionalità controllata nel verso, eppure limpida, vivida, toccante : «io mi svegliavo / per causa dei tuoi sogni / e portavo il tuo nome come una bandiera / che saliva dal petto e mi rendeva / invisibile: di me / si vedeva soltanto il tuo nome.», «Ma noi restiamo qui come le radio / dimenticate accese in piena notte, / come le insegne che hanno perso qualche luce / ma cercano lo stesso di brillare.»; Laura Liberale recupera l’intimità dei sentimenti con una certa dolcezza espressa con forza icastica: «Lo scherzo in chiusa al giorno: / chiedere alla luna d’illuminare il sole.»; infine, Maria Borio pone uno sguardo oggettivo sugli elementi della sua poetica permettendo loro di significare pienamente: «Un interno – la pressione dell’acqua / sui tubi, la luce della lampada / sfumata, il respiro, / il masticare oggetti... è nutrirsi / di poco, pensare griglie di metallo / a cui appendere le sostanze della natura, / ricreare.»
L’antologia conferisce importanza alle voci femminili evitando il movimento orizzontale, uguale e contrario verso la sfera maschile (operazione valida in determinati contesti storici, come la risposta di Biancamaria Frabotta in Donne in poesia, antologia necessaria per svelare e rovesciare la tendenza a “dimenticare” le donne propria degli schemi editoriali del periodo), riuscendo a far emergere, piuttosto, la validità della loro scrittura, incastonandole dignitosamente e naturalmente nel mosaico poetico contemporaneo, e annullando, proprio per questo, qualsivoglia divergenza sociale.
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