Commento a «Sono tanto brava» di Sibilla Aleramo
La poesia di Sibilla Aleramo (pseudonimo di Rina Faccio) è dolorosa e epifanica allo stesso tempo. È proclama pubblico dell’abbandono del ruolo tradizionale cui la donna è relegata, del disagio che consegue a tale presa di coscienza. Il suo lavoro avrà un ruolo fondamentale nei primi dibattiti sulla questione femminile. Spesso sottovalutata e percepita come frivola, la Aleramo ha una vita costellata da eventi provanti: la malattia della madre, i maltrattamenti del marito che acconsentirà a lasciarla andare a patto che non porti con sé il figlio, gli amori travagliati, ricordiamo il legame turbolento con Dino Campana. La biografia della scrittrice non può essere posta in secondo piano, è sicuramente da considerare di reale importanza per la comprensione della sua opera letteraria. Semplice e immediata nella versificazione, la sua poetica sembra rivolta ad interrompere il silenzio cui le donne erano/sono costrette.
La poesia è tratta dalla raccolta Momenti (Bemporad R. & Figlio 1921).
Sono tanto brava
Sono tanto brava lungo il giorno.
Comprendo, accetto, non piango.
Quasi imparo ad aver orgoglio
quasi fossi un uomo.
Ma, al primo brivido di viola in cielo
ogni diurno sostegno dispare.
Tu mi sospiri lontano:
Sera, sera dolce e mia!
Sembrami d'aver fra le dita la
stanchezza di tutta la terra.
Non son più che sguardo,
sguardo sperduto, e vene.
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