Commento a «Se vuoi, se puoi, riaccendere la miccia» di Amelia Rosselli
Dobbiamo a Pier Paolo Pasolini la scoperta di Amelia Rosselli e gliene «restiamo debitori», scriveva Giudici. C’è mistero nei versi della Rosselli, c’è fuga e ricongiungimento, ritmo e invenzione. Tutta la sua poetica in trasformazione nella lingua, mai unica ma ibrida, generata dalle lingue che la poetessa parla ma non padroneggia, una nuova creatura figlia del suo vagabondare obbligato da contingenze storiche e familiari. La Rosselli ricerca la parola intera che crei senso in un «tempo-spazio assoluto». Ricerca l’universalità attraverso la musica e non concepisce scissione tra questa e la poesia. I suoi sono versi sono visionari e magmatici, «superbi».
La poesia è tratta dalla raccolta Serie ospedaliera 1963-1965 (Garzanti 1969).
Se vuoi, se puoi, riaccendere la miccia
terribilmente fredda (cotone idrofilo nel cielo
ancòra una perla) benché rattristi, puntare al cielo
le mani piene di fango.
Tentare una soluzione: anche se è soltanto la morte
indivisa dal tuo sorgere, sole.
Sono una nuova iscritta, mi chiamo Anna Maria Bonfiglio e scrivo da molti anni poesia e narrativa. Seguirò il sito con interesse.