Commento a «Per lei» di Giorgio Caproni
La poesia di Giorgio Caproni ci salva dal nulla, quel nulla cui il continuo viaggiare può condurre. Ne Il seme del piangere, tra i libri più notevoli del secondo Novecento, il poeta ligure costruisce partiture e s’abbandona alla musica. Ci rimanda immagini rimate, sceglie vocali aperte, pennellate di colore e di luminosità. I versi dedicati ad Annina, di cui Caproni inventa una biografia giovanile, ci regalano un tema della madre non più ombroso, funereo ma vivo e passionale. Un arioso canto che sconfina in osservazione «schietta» e sensuale, che reinventa la vita, la poesia.
La poesia è tratta dalla raccolta Il seme del piangere (Garzanti 1959).
PER LEI
Per lei voglio rime chiare,
usuali: in -are.
Rime magari vietate,
ma aperte: ventilate.
Rime coi suoni fini
(di mare) dei suoi orecchini.
O che abbiano, coralline,
le tinte delle sue collanine.
Rime che a distanza
(Annina era così schietta)
conservino l’eleganza
povera, ma altrettanto netta.
Rime non crepuscolari,
ma verdi, elementari.
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