Commento a "La distinzione" di Gilda Policastro
In La distinzione Gilda Policastro dà al lettore, attraverso e nella pagina, vita e lingua in trasformazione. La vita nel racconto di fragilità, cadute, quotidiano depressivo e finanche morte ma spingendo spesso al sorriso, quando non amaro assai divertito. La lingua è tessuto elastico che varia nella forma, dal verso breve alla proesia, dalla parola di cultura classica a quella social o medico specialistica. La Policastro sperimenta confermando la distinzione netta della sua voce all’interno del panorama poetico italiano, distinzione che non è posa ma posizione da assumere in controtendenza: «Brutta gente,/ la letteratura».
Così poi forse divento brava
Legatemi la testa, non voglio morire
(nessun suicida vorrebbe mai)
Alternativa tra giù e le fiamme
rincorsa e oplà
imparare a stare al mondo
come si passa dalla pianta al vortice
dal cumulo alla sintassi
Verticalizza il dolore nella serie (elenco di farmaci,
a seguire)
ammorbidisci
(rilascia, incapsula, guarisci)
oppure dilacerato, a stacchi (incisioni soprapelle, che si vedano,
che ti facciano, poi, quelle domande,
collaterali, effetti: tutti)
offrilo ai vicini, compassione: condiviso come nei giorni buoni
scomponi i filamenti
(molecole, principi attivi, rifinitura)
La scorciatoia è ribellarti all’escussione
con l’attivismo della tana
ordina in piccole azioni lente precise
il tratto quotidiano dalla testa all’arto, uno:
il cinismo non guarisce nessuno
(dormi con un cane: ti sveglierai?)
Guardatemi, scompaio
da La distinzione (Giulio Perrone editore, 2023)
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