Commento a "Esercizi d'addio" di Piera Oppezzo
«Mi raccomando, le mie cose» dice Piera Oppezzo all’amico Luciano Martinengo, al quale dobbiamo la pubblicazione delle poesie inedite accolte da Interno Poesia Editore. Nasce a Torino nel 1934 e di lei si conosce ben poco, «credo si possa dire che coltivò un sobrio understatement per tutta la vita; parlando di lei, qualche anno fa, con Guido Davico Bonino, che la pubblicò nella leggendaria Collezione di poesia Einaudi, mi raccontò di ricordarla schiva, ombrosa e di poche parole, catafratta nella sua algida bellezza», scrive Giovanna Rosadini nella prefazione al volume. La poesia di Piera Oppezzo è lente di ingrandimento sulla realtà, priva di sentimentalismi ma non d’amore, tuttavia permane tra i suoi versi un’aura di mistero, come per la sua vita intera.
Stanchezza
Siamo stanchi,
tanto stanchi
da lungo tempo.
Io voglio riposare
e piango,
ma poi vado avanti
e sorrido spesso.
Così è per gli altri.
Potessi almeno
capire perfettamente
il loro dolore,
quello di stasera,
mentre si recano al rosario
per una madre morta.
Addio a te!
È sempre amore
ciò che dobbiamo lasciare.
E poi non resta che il gusto
di vincere il dolore.
Sì, ridevo, l’altra sera,
ma ad un certo punto,
non è forse vero?
si è sazi e stanchi
e ci vuole riposo.
da Esercizi d'addio. Poesie inedite 1952-1965 (Interno Poesia 2021)
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