Alma & Sanguineti (II Appuntamento)
Dalla «Palus Putredinis» alla Storia. La trilogia di «Triperuno» (1964)
Come si è visto, il progetto sanguinetiano di ripresa della pratica avanguardista negli anni ‘50 ne contempla, nondimeno, un’ipotesi di superamento. «Fare dell’avanguardia un’arte da museo», si ricorderà dalla scorsa puntata, è l’imperativo che Sanguineti si pone durante la stesura di Laborintus (1956), e che tuttavia verrà in parte esteso anche alle due opere successive: Erotopaegnia (1960) e Purgatorio de l’Inferno (1964).
L’iter editoriale di questa trilogia, che solo di recente si è iniziata a studiare come opera unitaria [1], è piuttosto interessante. Laborintus fu pubblicato nel 1956 dal piccolo editore Magenta di Varese, all’interno della collana «Oggetto e simbolo» allora diretta da Luciano Anceschi, padre nobile della neoavanguardia. Nel 1960, Laborintus venne ristampato, assieme al nuovo Erotopaegnia, in un volume intitolato Opus metricum, ma stavolta presso i tipi della Rusconi e Paolazzi, casa editrice milanese legata alla famiglia di un altro protagonista dell’avventura neoavanguardista: Leo Paolazzi, in arte Antonio Porta. Quattro anni dopo, nel 1964, Opus metricum venne nuovamente ristampato, ormai con marchio Feltrinelli (che frattanto era diventato l’editore di riferimento del Gruppo 63), e con l’aggiunta di una terza parte, appunto Purgatorio de l’Inferno. Titolo del volume, nonché allusione a un’opera comica cinquecentesca di Teofilo Folengo, Triperuno [2].
Com’è tipico in Sanguineti, le opere dialogano tra loro, anche editorialmente, stratificandosi l’una sull’altra e risemantizzandosi a vicenda. Ma il fil rouge che lega i tre momenti di questa trilogia, anche in virtù di richiami interni e di una più o meno dissimulata linearità narrativa [3], è troppo forte perché nel Triperuno non si legga, anche, un poema unitario e autosufficiente, un percorso strutturato e intenzionale. Si prendano le parole che Sanguineti consegnò alla fortunata antologia dei Novissimi: «[...] si trattava per me di superare il formalismo e l’irrazionalismo dell’avanguardia [...] a partire dal formalismo e dall’irrazionalismo stesso», per cui «fare dell’avanguardia un’arte da museo [...] significava gettare se stessi, subito e a testa prima, nel labirinto del formalismo e dell’irrazionalismo [...] con la speranza [...] di uscirne poi veramente [...] con le mani sporche, ma con il fango, anche, lasciato davvero alle spalle» [4]. Di questo passaggio non colpisce solo la lucidissima autolettura, avvenuta a opera ancora in corso (nel 1961, anno da cui provengono queste parole, la trilogia non era ancora completa), ma soprattutto il dettaglio icastico del «fango alle spalle». Questi, oltre ad alludere all’ambientazione di Laborintus (la Palus Putredinis), anticipa addirittura il testo finale di Purgatorio de l’Inferno, nel quale si può leggere: «ma vedi il fango che ci sta alle spalle, / e il sole in mezzo agli alberi» [5]. Dall’oscura inquietante Palus a un ben più rassicurante giardino; dal paesaggio lunare-postatomico a una scena del tutto quotidiana. Il Triperuno, insomma, racconta un processo di attraversamento e trasformazione. Ma da che cosa a che cosa?
Si è scritto tantissimo su Laborintus e sulla carica innovativa che ebbe nel panorama letterario di metà anni ’50 [7]. Il poemetto mette in scena il momento di crisi identitaria di un personaggio indicato con nome e cognome, Laszo Varga, ma che tuttavia, nel corso del poemetto, perde gradualmente la propria unicità sdoppiandosi e rispecchiandosi in una moltitudine di nomi-personaggio. Accanto a Laszo, Ellie, deuteragonista femminile, descritta come figura acquorea ed evanescente, su cui si tornerà.
Contestualmente al processo di spossessamento e perdita di sé, strutturato sulle quattro fasi del processo alchemico (nigredo, albedo, citrinitas e rubedo) [8], Sanguineti fa saltare tanto la linearità narrativa che l’integrità linguistica della sua scrittura. Non solo Laborintus è costellato di citazioni, talvolta mascherate da sottili parafrasi, ma è letteralmente tempestato di lemmi, sintagmi o intere frasi in lingue straniere (inglese, tedesco, francese e addirittura latino e greco antico). Nonostante l’oggettiva difficoltà di lettura, sarebbe sbagliato attribuire a questa ricercata confusione plurilinguistica una volontà puramente negativa di contestazione, alla pari del Futurismo o di altre avanguardie storiche. Perché Laborintus rappresenta, appunto, un processo, e tale processo contempla un movimento di disintegrazione e ricomposizione di un’individualità franta. Laszo è, insomma, un essere metamorfico; l’instabilità del testo è un riflesso della sua labilissima identità [9]. Ma è per tramite di Ellie, principio femminile alla base dell’intero processo alchemico, che l’instabile protagonista comincerà a riacquisire una nozione di sé. Avendo ottemperato al suo compito, Ellie si dissolverà e rinascerà come Lambda, nome dietro il quale si cela nientemeno che la moglie di Sanguineti.
Come si vede, Laborintus muove da una situazione di confusione radicale a un primo passo verso la riconquista di un’identità storica, che la comparsa di Lambda sottolinea. Sarà tuttavia Erotopaegnia a fare lo sforzo maggiore in questa direzione, con un netto mutamento di stile e una ricercata chiarezza contenutistica. Nonostante permangano dei grumi di onirismo, e i testi tentino spesso uno sperimentalismo formale ancora “laborintico”, è ora possibile distinguere delle ambientazioni “terrestri” (frequenti i richiami al mondo universitario), nonché degli espliciti riferimenti autobiografici. Tema centrale di questa raccolta-poemetto è infatti la nascita del secondo figlio del poeta, ritratta con scandalosa precisione figurativa; e sebbene la tematica amorosa-sessuale (accennata fin dal titolo) [10] getti ancora ombre di surrealismo, il percorso avviato sta andando ormai verso un nuovo tipo di contenutismo.
Con Purgatorio de l’Inferno [11] siamo ormai in un contesto radicalmente mutato. Sanguineti sembra aver superato i furori avanguardistici di Laborintus, e di essersi aperto, da ultimo, a una poesia razionale e speculativa, non di rado tendente al saggismo. Lo stile è chiaro, punteggiato di riferimenti a fatti o persone reali, mentre la scrittura sembra ormai guardarsi allo specchio, facendosi, al contempo, poesia e riflessione sulla poesia. Se i primi due capitoli di Triperuno rappresentavano la difficile acquisizione di un’identità, dal magma della Palus alla fragile realtà semi-onirica di Erotopaegnia, il Purgatorio sanguinetiano accetta la contaminazione con la Storia e con il quotidiano. E, soprattutto, con l’ideologia. Da qui, inizierà la seconda maturità di Sanguineti, che esploreremo più nel dettaglio a partire dalla prossima puntata.
Da Laborintus
11.
la nostra sapienza tollera tutte le guerre
tollera la peste mansueta delle discipline
la tua statura mescola pietre sirene pollici bruchi
oh fermo carcere
dei disegni e dell’utero tempo indicativo fontana che rode e silenzio
e propriamente et os clausit digito
distratto Laszo pietosamente
per amori per mezzo delle ossa amati
per mezzo della calce viva
per mezzo dei concerti per violino e orchestra
per mezzo delle tue lenzuola
per mezzo della Kritik der reinen Vernuft
amori da ogni cornice
e da ogni tradimento protestati
amori del tutto principali
amori ecco essenziali promossi da ogni fiore
ergo vacuas fac sedes
tuarum aurium devi assumere le pietre disperate oh tridente
delle mie fatiche chimiche ancora e sempre Ellie
mio folto estuario coltivatrice di cicatrici inchiodate
chiedere la notizia delle tue monete infiammabili dei tuoi vuoti porticati
per un regolamento
stabilirete il suo gusto
esigere il fallimento dietro la tua età
i fiammiferi con secchezza sotto i conigli sottrarre [12]
Da Erotopaegnia
4.
in te dormiva come un fibroma asciutto, come una magra tenia, un sogno;
ora pesta la ghiaia, ora scuote la propria ombra; ora stride,
deglutisce, orina, avendo atteso da sempre il gusto
della camomilla, la temperatura della lepre, il rumore della grandine,
la forma del tetto, il colore della paglia:
senza rimedio il tempo
si è rivolto verso i suoi giorni; la terra offre immagini confuse;
saprà riconoscere la capra, il contadino, il cannone?
non queste forbici veramente sperava, non questa pera,
quando tremava in quel tuo sacco di membrane opache. [13]
Da Purgatorio de l’Inferno
8.
attraverso Hebecrevon, Lessay, Portbail, St. Sauveur (sotto la pioggia,
Sempre); poi Edith disse che non ero gentile (perché non scrivevo, come Pierre,
per lei, quelques poèmes); (e che non dovevamo partire);
Micheline
ci giudicò molto semplici; e Edith e Micheline, quando io dissi che non l’avevo
tradita (mia moglie), vollero crederlo;
(e qui cade opportuno ricordare quel:
“se ti buttassi le braccia al collo ecc.”, che venne poi);
poi si ballò tutti, anche
Micha, nel salottino; attraverso Cerisy, Canisy, Coutances, Regnéville; (ma il 12
luglio era chiuso il Louvre, martedì);
e scrisse (sopra un foglio a quadretti);
“pensavo che non posso guardarti in faccia”; e: “mi dispiace per te”;
e ancora scrisse (mia moglie): “sto male”;
e poi a Gap (H.A.),
(due giorni più tardi), storditi ancora, quasi inerti: e pensare (dissi);
che noi (quasi piangendo, dissi); (e volevo dire, ma quasi mi soffocava,
davvero, il pianto; volevo dire: con un amore come questo, noi):
un giorno (noi); (e nella piazza strepitava la banda; e la stanza era
in una strana penombra);
(noi) dobbiamo morire: [14]
[1] Cfr. G. Carrara, Il chierico rosso e l’avanguardia. Poesia e ideologia in Triperuno di Edoardo Sanguineti, Milano, Ledizioni, 2018. Ma l’ipotesi di una lettura unitaria del Triperuno era già stata avanzata in W. Siti, Il realismo dell’avanguardia, Torino, Einaudi, 1975.
[2] L’opera folenghiana cui si allude è il prosimetro plurilinguistico (parte in italiano, parte in latino, parte in latino maccheronico) Caos del tri per uno. Per un’analisi dei titoli delle opere sanguinetiane, che spesso contengono allusioni alla storia letteraria italiana, quando non proprio velate dichiarazioni di poetica (come in questo caso, in riferimento alla pratica comica del plurilinguismo e pluristilismo), si rimanda a E. Baccarani, La poesia nel labirinto. Razionalismo e istanza «antiletteraria» nell’opera e nella cultura di Edoardo Sanguineti, Bologna, Il Mulino, 2002.
[3] Cfr. G. Carrara, cit., pp. 51-67.
[4] E. Sanguineti, Poesia informale?, «il verri», n. 3, 1961, poi in A. Giuliani (a cura di), I Novissimi. Poesie per gli anni ’60 [1961], Torino, Einaudi, 2003, p. 170.
[5] Id., Purgatorio de l’Inferno, 17, in Id., Segnalibro. Poesie 1951-1981 [1982], Milano, Feltrinelli, 2010, p. 90.
[6] Ivi, p. 13.
[7] Per una lettura d’insieme, cfr. E. Risso, Anarchia e complicazione, in Id., Laborintus di Edoardo Sanguineti. Testo e commento, Lecce, Manni, 2006, pp. 7-64. Si tratta, per quest’opera di Risso, di un’informatissima edizione critica, che ha avuto il merito di passare al setaccio gli innumerevoli strati semantici del poemetto, nonché di ricostruirne, con precisione ammirevole, il denso retroterra culturale. Per un ulteriore inquadramento storico di Laborintus, si veda inoltre Fausto Curi, La poesia italiana del Novecento, Bari, Laterza, 1999; e Id., Struttura del risveglio. Sade, Benjamin, Sanguineti. Teoria e modi della modernità letteraria [1991], Milano, Mimesis, 2013.
[8] L’alchimia entra in Laborintus attraverso l’opera di Jung, autore ideologicamente distantissimo da Sanguineti, il quale, allora, si identificava in posizioni anarchiche (comunque sorrette da solide basi marxiste). Ma l’intento del giovane poeta era appunto questo: sottrarre Jung a una lettura meramente esoterica, che ne aveva fatto un autore di punta della destra reazionaria, e utilizzarlo come ingranaggio di un più complesso meccanismo mitopoietico. Cfr. E. Baccarani, cit.
[9] Proprio Baccarani ha messo in relazione la scrittura di Laborintus con le scritture (non letterarie) delle persone affette da disturbi psichiatrici dell’identità, rilevandone delle interessanti somiglianze. Cfr. E. Baccarani, cit.
[10] Si noti che Erotopaegnia è anche il titolo di una raccolta di poesie del poeta latino Levio (I-II sec. a. C.), andata perduta.
[11] Anche per la raccolta del 1964, il titolo è una citazione. In questo caso, dalla Cena delle ceneri di Giordano Bruno (1584).
[12] E. Sanguineti, Laborintus, 11, in Id., Segnalibro, cit., p. 27.
[13] Ivi, p. 54.
[14] Ivi, p. 81.
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